Basket

COMUNICAZIONE ED EMPATIA
Saper agire nell’ambito di una squadra sportiva giovanile usando forme di comunicazione efficaci offre aiuto e sostegno . Ciò avviene per mezzo di : regole comuni condivise , dialogo e assistenza a giocatori che spesso potrebbero trovarsi in difficoltà , a causa di timori , crisi , disagi, o conflitti . Più semplicemente per il passaggio attraverso fasi pre-adolescenziali , adolescenziali e giovanili dovute alla progressiva crescita della persona e della personalità , sia in campo che fuori campo.
La buona comunicazione viene assicurata da un ascolto attivo , dalla comunicazione verbale , non -verbale , dalla comunicazione assertiva , e da un linguaggio persuasivo . All’ interno del gruppo questi punti di contatto aiutano l’allenatore a risolvere tensioni individuali o della squadra :ad esempio, gestire lo stress, o più semplicemente un faticoso recupero a seguito di un infortunio di gioco : talvolta per cercare o spiegare le ragioni di una sconfitta , la caducità di una vittoria , o per tentare di riemergere da un periodo buio e difficile ( crisi ).
In ciascuno di questi casi il coach agisce sulla autostima , sulla assertività (ovvero la capacità di ascoltare i propri bisogni , e di avere chiari gli obiettivi da raggiungere conservando stima e rispetto di sé ), sulla gestione o sulla prevenzione di conflitti latenti o già evidenti , e sul consenso che può derivare dall’esempio personale , o dalle proprie parole o azioni.
Sappiamo però che per comunicare con efficacia bisogna essere soprattutto empatici.
“Empatia” indica la capacità di immedesimarsi negli stati d’animo e nei pensieri di terze persone , con un atteggiamento in cui sia possibile cogliere esperienze vissute da altri : una forma di sub-simpatia , in virtù della comprensione degli stati emozionali , della condivisione dei sentimenti , e della volontà di partecipare a quelle stesse esperienze : saper ascoltare senza giudicare , essendo accoglienti , evitando pettegolezzi , aiutando gli altri , sempre con mutuo rispetto.
Tutto ciò nella misura in cui la comunicazione verbale , non-verbale e assertiva lo consenta.
A questo proposito lo psicologo americano Carl Rogers ( 1902-1987 ) sostiene che “...l’empatia è la capacità di utilizzare gli strumenti della comunicazione verbale e non-verbale per calarsi nei panni dell’altro , identificandosi parzialmente nel suo mondo soggettivo , nel contesto di una accettazione autentica non giudicante... ” positiva ed incondizionata dell’altro in quanto persona : senza aspettative o giudizi , in un clima di profonda considerazione per la sua storia personale.
In parole povere , empatia significa tentare di capire lo stato d’animo soggettivo della persona che sta di fronte, in conformità con il suo soggettivo punto di vista , anche quando non se ne condivide il pensiero o l’azione.
Nel rapporto con giovani giocatori , le doti di empatia del coach sono essenziali , al fine di poter comprendere come il loro atteggiamento e comportamento sia determinato da quanto e come stanno vivendo le rispettive emozioni , sensazioni , percezioni, ed esperienze soggettive.
In tal modo il coach si calerà nei panni dell’allievo “Pierino”, condividendo gioia , dolore ,disagio , tensione , ansia , stress , o euforia.
La parola usata deriva dal greco antico “ empateia” ( en+ pathos ) , e veniva anticamente utilizzata per stabilire il rapporto emozionale di partecipazione che negli anfiteatri ellenici legava l’Autore-cantore della tragedia o della commedia al pubblico che assisteva ed ascoltava.
La nozione di empatia è stata fatta oggetto di profonde riflessioni e approfondimenti da parte di filosofi , santi , pedagogisti e psicologi , quali : Heinz Kohut (1913-1981) , Edith Stein ( 1891-1942) , Max Sheler (1874-1928 ) , Sigmund Freud (1856-1930 ) , Carl Rogers ( 1902-1987 ) e Daniel Goleman (1946 ).
Dall’inizio del secolo scorso inoltre sono stati effettuati studi sui primati , e su individui singoli o gruppi, anche dotandosi di sofisticati strumenti diagnostici e specifici test : indici somatici di Hoffman , indici di reattività interpersonale di Davis , questionari di personalità ( MPQ ), ed altri.
Nel campo delle relazioni interpersonali , l’empatia viene messa sempre più in relazione all’ottenimento di migliori risultati , o prestazioni in ogni campo . Nella fattispecie : a maggior soddisfazione dell’allievo -discente , ed a più sereni rapporti con l’ambiente circostante (famiglia , scuola ,sport ).
In qualsiasi situazione in cui sia necessario fare i conti con problemi reali , la prudente applicazione del principio di empatia rappresenta una grande ed inesplorata possibilità , pur mantenendo uno stretto rapporto con la psicologia , ma ampliandone le possibilità di intervento , in quanto : giocando, studiando, o lavorando , oppure anche semplicemente parlando ed ascoltando un qualsiasi interlocutore si sviluppa meglio il rapporto interpersonale , anche a livello professionale . Pensiamo a quanta empatia è contenuta e dispensata dagli interventi di sostegno di : personale medico e paramedico ,artisti , musicisti , avvocati , religiosi , insegnanti , forze dell’ordine , psicologi , assistenti sociali , animatori e pedagogisti .
Nell’ ambito di uno sport di squadra come il basket , l’empatia non impone percorsi di emulazione ( impegno nell’imitare , eguagliare o superare altri nei comportamenti e in qualità particolarmente meritevoli ) , per non apparire inferiori. Tuttavia , – mantenendosi entro limiti accettabili – una relazione empatica deve rendere possibile la fusione dei vissuti dell’allenatore inerenti la propria mentalità ed esperienza , con quelli del “giocatore Pierino” , considerati su tre differenti piani : affettivo , cognitivo , e motivazionale.
Il piano affettivo è caratterizzato da quel sentimento di affetto che si attribuisce a persona o cosa : non per il suo intrinseco valore intellettuale , produttivo , economico , o di rendimento sportivo , ma per ragioni sentimentali : attaccamento , devozione , fiducia , gratitudine , rispetto , bontà , feed-back positivi.
Il piano cognitivo riguarda il conoscere : ovvero i processi mediante i quali una persona acquisisce informazioni sull’ambiente circostante , e le elabora a livello di conoscenza , in funzione del proprio comportamento , fatto di attenzione , percezione , immaginazione , memoria , e linguaggio : settori strettamente legati all’attività decisionale della persona .
In ultima analisi il piano cognitivo consiste nella ricerca della soluzione personale ai problemi che di volta in volta si presentano.
Il piano motivazionale è comunque implicato , perchè la competitività – di qualsivoglia livello - richiede l’acquisizione di un sistema motivazionale ( non fragile ) competitivo primario , ove connesso a bisogni innati ; o di un sistema secondario , ove generato da bisogni appresi culturalmente ( sicurezza , appartenenza , stima , auto-relazione ) : oppure derivati dall’apprendimento , o dall’influenza dell’ambiente circostante.
L’empatia si è andata sviluppando nel tempo , perché “ mettersi nei panni dell’altro” per sapere cosa pensa , e come potrebbe reagire il nostro Pierino , costituisce di per sè un fattore di sopravvivenza in un mondo ( quello sportivo , anche giovanile ) in cui la persona è posta in continua competizione con altri suoi simili. Sopravvivenza significa usare le proprie abilità per procurarsi il necessario per vivere , restando in armonia con la natura.
La selezione di gruppi sempre più competitivi per obiettivi , ambizioni , e livelli di età , influisce sulla qualità e sulla sopravvivenza dei singoli , e non può che rinforzare quel sentimento umano che tende ad attribuire una personalità a tutto ciò che lo circonda : autenticità , sicurezza , fiducia , equilibrio , stabilità. L’empatia diventa in tal modo il “cuore del processo di comunicazione”
( Marshall Rosemberg , psicologo americano , 1934-2015).
L’empatia coinvolge in maniera piuttosto ampia la formazione , lo sviluppo , ed il raggiungimento degli obiettivi prefissati: percorsi che durano tutta la vita , e riguardano le dinamiche del processo di cambiamento e di quello educativo , al fine di trasferire conoscenze e procedure utili alla acquisizione di sempre nuove competenze.
Un allenatore empatico capta tutto ciò che ha intorno , e percepisce gli stato d’animo : non solo da gesti o azioni o dai racconti , ma anche dalle espressioni del viso , dai comportamenti , dagli atteggiamenti e dalla sua personalità . Per tale allenatore è del tutto normale - a livello pre-riflessivo – essere in grado di comprendere gli altri “ a colpo d’occhio” , con un minimo contatto visivo , vocale , o tattile : non riuscirà forse a consolare tutte le emozioni negative , ma sarà in grado di interagire con un ascolto attivo , calore , curiosità , creatività , proposta di valori.
Sino ad oggi le conferme ottenute nel vasto campo dell’empatia non sono state definitive nè esclusive , in quanto devono ancora e sempre appoggiarsi a conoscenze disponibili attraverso altre discipline ( psicologia , pedagogia , biologia , neurologia , psichiatria ) che sempre sfiorano o accompagnano il teamwork , un lavoro di Squadra.

Ma purtroppo la capacità di ascolto , di dialogo , di introspezione : e la valutazione delle cause di determinati comportamenti deviati , mentalità , lacune ed atteggiamenti da parte degli allievi – oggi - non vengono considerate o affrontate . Tanto meno combattute dagli allenatori dei settori giovanili del basket , né dai rispettivi “cerchi magici dirigenziali” : cosicchè diventeranno -domani- conflitti , contrapposizioni o rabbia.
Ragion per cui molti allenatori dei settori giovanili del tempo passato , ma anche del terzo millennio , avendo perso permaturamente la gioia e la meraviglia del proprio lavoro , non sono capaci di svolte valoriali , programmatiche o tecniche consistenti : vengono talvolta etichettati come afasici ( incapaci di dialogare e comunicare emozioni ) , ana-empatici : perché non hanno mai saputo trovare la distanza giusta per poter intervenire con i singoli e con la squadra quando necessario.
Taluni si isolano in posizioni attendiste , timorosi anche di affidare responsabilità all’ interno del proprio staff : la loro ansia è una sofferenza che non sfiora ma travolge tutti : lamentano inefficienze senza farsi carico di risolvere i problemi . Tendono a svolgere i compiti limitandosi allo stretto necessario , e diventano campioni di indifferenza , selezionatori precoci di virtuali talenti cestistici pre-adolescenziali : spettatori inermi di tanti turn-over , incapaci poi di reclutare , censori morali e forti distruttori di autostima : carenti nel rispetto , nel dialogo , nell’attenzione e nella comprensione di esigenze , o giuste aspirazioni. Traditori di promesse , passioni , sentimenti ed emozioni.

Il vizio capitale è permettere che tutto ciò possa ancora accadere.

Bruno Boero.