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Seguo in tv i campionati italiani ma anche Euroleague e Eurocup, per dovere professionale e in tal modo mi faccio un’idea delle tendenze tecniche in atto.
Ovviamente c’è un grande divario di qualità tecnica tra le più forti di Euroleague e la media del nostro campionato, ma quello che mi sembra certo è che le squadre con un forte marchio di coaching sono quelle che giocano meglio, al di là dell’organico degli atleti a disposizione. Un esempio probante viene da Eurocup, dove, dopo l’arrivo di Scariolo, il Khimky che è comunque dotato di ottimi giocatori, si è guadagnato il viaggio a Torino. Ma ancora più significativa mi sembra, nella stessa competizione, la stagione della Dynamo di Mosca che, nonostante abbia perso per ragioni di bilancio dei pezzi pregiati, sarà anch’essa a Torino, portandosi in dote il bellissimo e classico gioco “stile Princeton” che coach Blatt sempre sa infondere alle squadre su cui lavora.
E’ interessante notare come a tutti i livelli è tornato prepotente l’uso della zona. Ciò sembrerebbe in contraddizione con l’affermato uso ed abuso del tiro da tre punti, eppure non né così. La sequenza mi sembra questa: il tiro da tre facile ha esaltato negli ultimi anni l’uso del P/R.
Per negare il tiro facile al palleggiatore che usa il blocco, il difensore del bloccante fa lo show contro il tiratore. Ma intanto il lungo che ha bloccato ha già rollato sotto canestro. Se lo show è stato aggressivo il difensore del lungo raramente recupera in tempo sul suo uomo. Su di lui allora deve aiutare il difensore dell’esterno dal lato debole che lascia libero il suo uomo. Le squadre più preparate fanno allora circolare la palla fino all’uomo lasciato libero.
A seguito di questa logica, il P/R da gioco a due si è trasformato in un gioco a cinque, accrescendo ulteriormente la sua pericolosità specialmente nell’area Fiba dove sono assegnati tre punti a un tiro dall’arco troppo facile che ha finalmente indotto il legislatore ad allontanare l’arco nel prossimo futuro.
E’ per ovviare alla difficoltà di contenere questo sviluppo abnorme del P/R che molte squadre ricorrono alla difesa a zona. E’ pur vero che anche contro la zona è ora invalso l’uso del P/R da parte degli attaccanti, ma è un uso ridotto, più controllabile e in definitiva risulta più facile alla zona recuperare copertura sotto canestro e controllo del tiro dagli angoli, mentre sempre pagherà dazio alla pericolosa area del post alto.
C’è un altro spinoso argomento tecnico che tende a favorire la difesa a zona, nonostante che l’attuale facilità con la quale i giocatori colpiscono da tre punti renda le zone fragili a una buona circolazione di palla. L’argomento di cui parlo è lo scarso uso del post basso nello sviluppo dell’attacco in generale, che associato alla scarsa conoscenza dei fondamentali individuali specifici del ruolo, tolgono all’attacco alla zona un punto cardine del suo sviluppo.
Negli antichi manuali di tecnica cestistica americana, ingialliti ormai e con quel buon odore di carta antica, troneggia un assioma che sembra scolpito nella pietra come la legge sulle tavole date a Mose sul monte Sinai: “l’attacco deve portare i suoi tentativi di tiro sempre più vicino al ferro, perché essi hanno una migliore percentuale di riuscita, inoltre danno una migliore possibilità di rimbalzo d’attacco e infine stressano la difesa a commettere più falli”.
Regoletta piena di buon senso ma oggigiorno largamente sbeffeggiata dal tiro da tre troppo facile. Seguendo il criterio utilitaristico moderno per il quale un tiro da tre vale sempre la pena di tentarlo, stante il grosso bonus che guadagna rispetto a un tiro da due punti, si è finiti per ridurre drasticamente i servizi al post basso che, povero lui, si trova in area da due punti. Il P/R centrale ha fatto il resto. Isiah Thomas e Lambeer negli anni Ottanta hanno addirittura mandato il pivot , una volta fatto il blocco per il palleggiatore, a proiettarsi oltre la linea da tre, ricevere e, sfruttando il ritardo del loro difensore dopo lo show di aiuto, esibirsi in catapulte balistiche che solo Sabonis aveva mostrato in precedenza. Questa moda ha tolto tuttavia uno snodo basilare del gioco d’attacco, quello della posizione del post basso che, guardando il gioco spalle a canestro, ha una visione della difesa avversaria totalmente diversa da quella del play-maker e che con essa può integrarsi in una lettura più intelligente di come cambiare lato alla palla, di come sfruttare i tagli dal lato debole, di come attirare gli aiuti e dialogare col post alto o mandare a canestro un taglio in backdoor.
Piccole cose che rendono il gioco del basket una inimitabile sinfonia.
Parallelamente a questo “fade away” del post basso, gli allenatori hanno fatto la parte loro riducendo drasticamente il lavoro sul gioco “spalle a canestro” e questo soprattutto in America dove pascolano la maggior parte dei giovani giocatori lunghi. Sere fa, sentendo i commentatori di Eurosport, li ho colti mentre con stupore annotavano che un centro in azione aveva scoccato un rarissimo tiro ad uncino. “Ecco- hanno esclamato- il tiro di Rocca”, cancellando un centinaio di anni di storia del basket. E’ talmente raro vedere un tipico fondamentale da post basso che lo si può scambiare tranquillamente per il vezzo di un giocatore atipico come Mason Rocca!
Attualmente in Euroleague il miglior bagaglio di post basso è appannaggio di Manuel Santiago, in servizio a Barcellona. Ora ricordo perfettamente che Santiago, arrivato alla corte di Varese nell’anno della stella e nella stagione successiva, fu affidato alle cure di Dodo Colombo che è tuttora un maestro impareggiabile del gioco del pivot (e per questo tenuto prudentemente in disparte). Santiago veniva dal college con un ‘istruzione sommaria del ruolo e tuttavia era instancabile nell’apprendere da Colombo e non si risparmiava le mattinate e i tempi supplementari dopo l’allenamento, ripetendo fino alla nausea: finta, drop step, nuova finta, passo incrociato e uncino verso il centro. Una fatica che ora gli vale parecchi milioni di dollari nelle più danarose squadre di Europa, mentre Dodo Colombo viene mandato in pensione con tutta la sua formidabile conoscenza dei fondamentali del basket.
Ma per tornare al cuore della nostra riflessione, il più grave danno subito dalla svalutazione del post basso lo accusano proprio gli attacchi alla zona. Per essi è fondamentale il cambio di lato, la visione del lato opposto, il gioco dentro e fuori per battere difese sempre più fisiche. Così si vedono attacchi che cercano di risolvere tutto sul pick and roll iniziale contro la prima linea dei difensori, o con passaggi skip alla ricerca del grande tiratore che però, se non ha il tempo e il ritmo e la spaziatura giusti, tira anche lui alla luna.
Tutto sommato questo ritorno alla zona non è da considerare come un segnale positivo.
 

Fonte Valerio Bianchini - www.ilvate.basketcoach.net