Valentino Renzi
Valentino Renzi

 

Se le posizioni di Federazione e Lega sulla questione dell'eleggibilità dei giocatori dovessero rimanere quelle attuali, il rischio che il prossimo campionato di A non parta diverrebbe fortissimo. Troppo distanti le due parti, troppa determinazione nel non voler cedere di un passo.

 

 

 

Eppure a noi piace pensare che nel messaggio lanciato da Valentino Renzi al presidente della Fip Meneghin attraverso il nostro giornale, non si nasconda una sfida, ma un tentativo nient'altro che propositivo.

 

«Lo invito ad una tavola rotonda a campo aperto, con giornalisti presenti - dice il presidente della Lega - perché ognuno dica la sua. Affrontiamo le problematiche. lo sono pronto».

Renzi, Meneghin l'ha accusata di un voltafaccia sull'eleggibilità dei giocatori. E' vero?

«Nel Consiglio Federale del 21 febbraio avevo acconsentito ad un solo anno con tre americani invece che due come chiedevamo, ma eravamo in un contesto ben determinato: gli arbitri avevamo minacciato lo sciopero alla vigilia della Coppa Italia. Ho usato il buon senso ed ho accettato, per risolvere il problema e per evitare che la presidenza di Meneghin andasse in crisi. Poi abbiamo intrapreso un percorso sul discorso del ranking e delle wild card per i club. Sembrava che la Fip avesse recepito, invece è rimasto tutto come prima. E comunque sarebbe stato corretto dare una gradualità al discorso giocatori. E' un problema politico: non è pensabile che la Lega non conti nulla».

Ma come è possibile che un italiano in più in squadra diventi causa di crisi economica?

«Questa è stata una delibera di facciata, perché alla fine tra due anni avremo un americano in meno ma anche un europeo in più: ciò comporterà un aggravio di costi, un indebolimento delle nostre società nelle competizioni europee e anche una disomogenità in serie A, dove ci sarà chi potrà permettersi uno straniero in più rispetto ad altri. Il tetto salariale per gli italiani? E' una soluzione demagogica. E poi questa delibera cancella anche il principio del Coni sugli atleti di formazione italiana: i giovani stranieri con quattro anni di formazione nel nostro Paese non entreranno nelle quote degli italiani. Così, se un italiano è stato soli 3 anni nelle nostre giovanili, non potrebbe giocare in A da italiano».

Insomma, cosa vogliono veramente i club?

«Bisogna lavorare sul discorso del ranking (una classifica stilata in base ai risultati ottenuti nelle stagioni precedenti, ndr) e delle wild card, perché è inutile parlare di diritti sportivi se negli ultimi anni abbiamo assistito solo alle morti di società: bisogna avere i conti a posto, risorse e meccanismi che consentano di accedere ai campionati. I club vogliono contare, e non essere l'ultima ruota del carro. Basta fare l'esempio di quello che è accaduto in Formula 1 tra la Fia e la Fota. Montezemolo ha detto che non è possibile che chi mette i soldi non conti nulla nella scrittura delle regole. Ecco, noi siamo nella stessa situazione».

Ma il campionato ha comunque bisogno di ritrovare la sua anima italiana. Inoltre la scelta di negare l'azzurro ai giovani è sbagliata sotto tutti i punti di vista. Di fatto, così vi siete isolati.

«Lo avevamo messo in conto. Lo scontro per adesso è nella forma, poi lo sarà nella sostanza. Noi vogliamo migliorare il nostro campionato, non esserne sempre vittime».

Come si potrebbe sbloccare la situazione ed evitare la serrata ad ottobre?

«Se si cambiasse la delibera federale sull'eleggibilità dei giocatori, non sarebbe la morte di nessuno. Serve solo una cosa, il buon senso. Vogliamo che la serie A parta. E che nel contempo ci sia una presa di coscienza da parte di tutti sui problemi delle società».