Lino Lardo
Lino Lardo

Lino Lardo, allenatore della Virtus e, prima, di Bergamo, Verona, Reggio Calabria, Milano e Rieti, per ritrovarla da queste parti occorre risalire al giurassico. Playmaker a Forlì, dall´83 all´87, una stagione in A1, tre in A2. Che razza di playmaker?

 

«Della razza che non esiste più.

Ultimo esemplare conosciuto, Bonora. Squadra in mano, 2 o 4 punti a partita, tranne la volta che feci il record in carriera: 23, contro la Fortitudo dei due Douglas, in quello che allora chiamavano derby dei fruttini, Jolly contro Yoga».

Chieda un aumento, chi picchia in testa alla Fortitudo qui piace sempre. O forse lei è qui proprio per l´esito di quell´ultima volata salvezza: salva Rieti, giù la Effe?

«Beh, con loro ci ho perso anche una finale scudetto, nel 2005. Conto pari».

Torniamo a quella razza di play. Rimpianta, pare.

«Sì, perché adesso fanno tutti pick´n´roll e gente che guidi la squadra ce n´è poca».

Uno che fa venti punti lo prende a calci nel sedere?

«No, se Collins li farà prometto che non m´incazzo».

E venti tiri?

«L´inviterei a selezionare. Capitò con Finley a Rieti. All´inizio, tirava solo. A fine stagione, giocava come volevo io e fu lo stesso capocannoniere del campionato».

Allenatore, nella testa, da quando?

«Da sempre. Giocavo a Loano in C e a 16 anni allenavo i bambini, già segnandomi su un quadernetto gli spunti rubati ai miei coach. Sognavo da giocatore, ma pensavo da allenatore. Arrivai in A a 23, col povero Asteo, un maestro, e infine, a 37, Recalcati mi chiese se volevo smettere e fargli il vice, a Bergamo».

Che allenatore si sente?

«Un innamorato del basket, capace di trasformare l´amore in energia. Fin da Bergamo, la prima panchina, che fu pure la più lunga. 4 anni di fila, creando qualcosa: l´ultimo salimmo in A, e io andai a Verona».

Lardo in due righe: o squadre fallite o vecchie signore, l´Olimpia e la Virtus dei 40 scudetti in due. Vie di mezzo, no?

«Così è andata e spesso mi son sentito dire: meriteresti di più. Ma ho 50 anni, non ho fretta, ho avuto bei momenti e so che i risultati pagano. Dopo Verona e Reggio venne Milano, adesso dopo Rieti viene la Virtus».

Con Sabatini s´era "fidanzato" nel 2004. Poi arrivò Milano e fu normale scegliere Milano. A1 contro A2.

«Lo feci, dopo aver parlato tanto con Sabatini. Non rinnego, e capisco se allora ci restò male. A Milano fu una bella esperienza: primo anno inebriante, con la finale, secondo meno, con l´esonero. Furono fatti passi troppo lunghi, si pensava mancasse poco alla cima e mi ritrovai quasi solo, quando dicevo che s´era perso di vista il programma. Misero Djordjevic, ma cambiò poco. Amarezza, certo. Però, nel ricordo, più cose belle che brutte».

Poi Rieti.

«Mi rimisi in discussione scendendo in A2. E´ andata bene. Promozione, poi questa stupenda salvezza. E la chiamata della Virtus. Meritata, onestamente».

Quella salvezza. Qui, ogni domenica, si pensava (o sperava, o temeva...) che Rieti stesse per schiattare. E invece no. Lei come convinceva gente senza stipendio a sputare l´anima?

«Parlando loro, ovvio, come avrebbero fatto tutti. Ci fu una deadline, piuttosto netta, quando andarono via Prato e Pasco. Riunii la squadra, chiesi solo se in loro rimaneva amore per quanto stavano facendo, o prevaleva il problema dei soldi. Lì, chiesero non se li avrebbero pagati, ma se avremmo finito il campionato. Fu come stringere un patto: sarebbero rimasti tutti fino in fondo, per la stessa sfida: salvarci».

Ho visto fuori un´auto targata Rieti. Un saldo?

«No, devo renderla. Sta andando tutto a posto».

Magari, senza emergenze, per lei sarà dura, ma si rincuori: è arrivato in un posto dove tutti i mesi pagano.

«E mi sta benissimo. Ho fatto abbastanza basket per sapere cos´è la Virtus. E ho visto, proprio in queste ore tristi per tutti, quanto conti la pallacanestro a Bologna. Non mi rincuora, mi onora essere qui. E mi dà ancor più energia».

Dicono che a Bologna la pressione schiacci.

«Se la chiamiamo responsabilità, diventa pressione giusta, perfino piacevole. Comunque, meglio che l´indifferenza».

Qui s´esce da un anno nero. Lei non ha colpe, ma la riconquista è affar suo.

«Mi fido del mio lavoro, non faccio promesse di vittoria, ma su questo credo di potermi impegnare: i tifosi vorranno bene a questa squadra. Sarà seria, entusiasta, disposta a lavorare. Ho giocatori pronti, e sensibili pure al posto dove si trovano. L´altro giorno Sabatini ci ha portato a vedere il museo Virtus. Tutti guardavano, chiedevano, s´informavano. Il giocatore tonto, che non sa neppure dov´è piovuto, appartiene al passato. E che Bologna non è un posto qualsiasi l´hanno percepito. Così, se alla fine faremo blocco, società, tifosi e squadra, riconquisteremo la gente. E perciò saremo disponibili, visibili, aperti al dialogo».

Opinione di tanti: manca un pivot.

«Opinione mia: intanto bisogna vedere per che obiettivi. E in ogni caso la squadra è questa, il reparto c´è, e non è piccolo. Poi, non è un segreto, stiamo aspettando il passaporto europeo di Moss: se arriva, ci sta un´aggiunta. E allora dico: oggi sto bene, domani potrei star meglio».

Ipotesi. Domattina arriva il passaporto di Moss e Ford viene in sede a dire: gioco per i soldi che dite voi.

«Lo prendo di corsa. Lo vede bene, in questo gruppo».

Viene Papadopoulos.

«Uhm, saremmo un po´ pesanti. Meglio uno più atletico».

Viene Massey.

«E se ci fermassimo coi nomi? Io oggi lavoro con un gruppo che ho scelto, e può fare una stagione interessante, soprattutto se Sanikidze è quello che ha fatto intravedere, un 3-4 un po´ strano, atipico, che a rimbalzo salta, corre, non tira bene, ma tira dentro. Se poi può arrivare un pivot, magari nel cassetto abbiamo pure altri nomi».

Dove vorrebbe essere alla fine?

«In classifica, più su possibile. Doverosamente, prime otto. L´obiettivo ‘etico´: riconquistare la gente, darle una Virtus in cui identificarsi, ricreare entusiasmo».

La spaventa un proprietario che potrebbe pensare solo al Bologna.

«No, io adoro il calcio. Se Sabatini vuole, vado a Coverciano a prendere un altro patentino».

Non scherzi, Sabatini al calcio vorrebbe dire risorse, energie e altro distolto dalla Virtus.

«Ho lavorato in ambienti che disperdevano energie ovunque, e pure qui non è stata l´estate più tranquilla. Se Sabatini è interessato al Bologna significa che può farlo. Idem se progetta una polisportiva, un´idea che sposo, in questo paese dove ormai si vedono solo orticelli. Evviva chi guarda oltre il suo».