Quando domenica si fisseranno da un lato all’altro del campo, durante il riscaldamento, sarà come guardarsi allo specchio. Nicola Minessi rivedrà in Davide Marelli quello che era lui poco meno di vent’anni fa; Davide Marelli si proietterà in Nicola Minessi sperando di poter a sua volta raccontare questa storia tra una ventina d’anni.

 

 

Così «grande», così «piccolo» Treviglio-Basket Brescia per noi parte da qui. Dal profilo del sempiterno 35enne ragazzo di Chiesanuova che adesso gioca per la Blu Basket Comark, una squadra bergamasca (chi l’avrebbe mai detto...) e da quello del 18enne di Collebeato, unico bresciano a difendere i colori della rinata squadra cittadina. Quando Minessi debuttò in serie A2 e faceva il decimo con la Telemarket Brescia, Davide Marelli non aveva ancora spento la prima candelina sulla torta di compleanno. Era la stagione '91-92, l’ultima in A. «Avevo 18 anni - ricorda il "Mine" - e solo cambiarmi con giocatori come Cagnazzo, Plummer e Bonaccorsi era un sogno. Ero giovane, un pivellino, ma non rinunciavo mai al mio orgoglio bresciano. Così quando in spogliatoio li sentivo lamentarsi della società o peggio ancora della nostra città gli rispondevo a tono, senza paura. Davide e suo fratello Sandro hanno una grande responsabilità: devono far capire a chi quest’anno indossa la maglia del Basket Brescia cosa significa questo e che noi bresciani siamo un popolo difficile da capire inizialmente, ma quando veniamo capiti siamo un gran popolo».

Davide Marelli, che rispetto al gemello Sandro è entrato prima nelle grazie di coach Furlani, andando a referto nelle prime due gare con Trento e Ozzano e giocando anche 5 minuti (con 1 assist e 1 rimbalzo) al debutto, non si tira indietro di fronte alle responsabilità: «Sento molto questo fatto della brescianità. Io e mio fratello siamo orgogliosissimi di far parte di questo gruppo. Non abbiamo mai avuto la fortuna di vedere dal vivo una squadra di basket a Brescia e proprio per questo ci piacerebbe far entusiasmare i ragazzini al palazzetto, magari tornando anche in serie A».

La maglia a fine partita. Una piccola grande missione. Dopo tre stagioni nelle giovanili dell’Armani Jeans. «L’Olimpia - dice Minessi - gli ha insegnato come ci si allena. A Brescia devono imparare a stare in campo e a vincere. Dalla teoria alla pratica». Davide Marelli svela: «Inizialmente eravamo destinati al calcio, poi abbiamo provato al Cus (che ne detiene il cartellino, ndr) e lì abbiamo capito che ciò che volevamo era solo giocare a basket. Milano è stata una bella parentesi. Non dimenticherò mai l’esordio in A a soli 16 anni contro Napoli. Entrammo tutti e due e gli scoutisti si sbagliarono anche: segnarono 4 punti a Sandro, invece ne avevamo fatti 2 a testa. Quello però ormai è il passato».

Un passato nel quale la pallacanestro era davvero già nel loro destino: nipoti di Beppe Marelli (pivot molto noto anni fa nelle categorie inferiori), cugini di secondo grado di Marco Solfrini che hanno ritrovato alla Leonessa come diesse. E proprio Beppe Marelli li lega a Nicola Minessi: «Loro zio un anno fu il mio professore di educazione fisica. Lo facevo impazzire, da ragazzino ero ingestibile» dice la guardia di Treviglio.

Con questi aneddoti si potrebbe riempire un giornale, ma incombe l?attualità. «Per noi la partita di domenica è già importantissima - spiega l’ex Sil -. Poi andremo a Forlì e se perdiamo con Brescia rischiamo di iniziare con 1 su 5: non possiamo permettercelo. Siamo fiduciosi: domenica abbiamo fatto soffrire fino in fondo la Fortitudo Bologna e questo significa che siamo sulla strada giusta». «Marellino» spera di giocare qualche minuto: «In settimana lavoro duro per convincere il coach a darmi fiducia. Da bresciano sento molto questo derby. Sono orgoglioso delle mie origini, mi ricordo quando Blair a Milano ci prendeva in giro per il nostro accento: dentro rosicavo. Trovarmi di fronte Minessi sarà un onore: e è un mito, un modello. Se vinciamo a fine gara gli chiedo la maglia...».