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Il mitico coach della Virtus Bologna e dell’Olimpia Milano, non è sorpreso dal successo di Danilo Gallinari nella NBA: “L’anno scorso ha reso meno del previsto a causa dei problemi alla schiena. Adesso sta bene e sul campo fa quello che vuole. In Italia i talenti ci sono, ma non vengono valorizzati.

 

E’ troppo diffusa l’abitudine di ingaggiare gli stranieri. Il motivo è economico: alcuni azzurri guadagnano troppo rispetto al loro valore effettivo, al contributo che danno alla squadra”. E poi, Dan si scatena parlando di Andrea Bargnani, Drazen Petrovic, LeBron James, Dwayne Wade...

 



Dan Peterson è una leggenda vivente della pallacanestro, specialmente nel nostro paese, luogo dei suoi maggiori trionfi come allenatore. Alla guida della Virtus Bologna, ha conquistato la Coppa Italia (1974) ed il campionato (1976). Con l'Olimpia Milano, ha vinto quattro scudetti (1982-1985-1986-1987), due Coppe Italia (1986-1987), la Coppa Korac (1985) e la Coppa dei Campioni (1987). In precedenza, era stato coach della University of Delaware (1965-1970) e della nazionale cilena (1971-1973). Dan Peterson è anche autore di "Basket essenziale" (2003) e "Quando ero alto due metri" (2006), due libri di culto per gli appassionati di pallacanestro. Dan Peterson è quindi l'uomo giusto con cui parlare di basket italiano e mondiale.



Coach, è sorpreso dalle straordinarie prestazioni di Danilo Gallinari nell'NBA?

"No. Danilo è un fuoriclasse e l'ho visto giocare fin da bambino. L'anno scorso non ha reso come avrebbe potuto perchè aveva problemi alla schiena. Ora che è guarito non lo ferma più nessuno. I veri talenti si riconoscono subito, anche se non è possibile stabilire quando sfonderanno. Alcuni lo fanno il primo anno, altri hanno bisogno di un periodo più lungo, ma alla fine tutti i fuoriclasse dimostrano quanto valgono".



Eppure gli americani sono sorpresi dalla bravura di Gallinari. Per quale motivo?

"Perchè sono ancora diffidenti nei confronti dei giocatori europei. Non dovrebbero esserlo, considerato che ogni squadra NBA che può permetterselo ingaggia giocatori europei. Emanuel Ginobili e Tony Parker sono diventati idoli di prima grandezza negli Usa. E prima di loro, dal 1989 al 1993, Drazen Petrovic aveva sfondato nella NBA segnando valanghe di punti e producendo giocate spettacolari che si pensava fossero prerogativa dei fuoriclasse americani. A riprova di questo, c'è un episodio famoso: prima di affrontare Petrovic, il giocatore degli Houston Rockets Vernon Maxwell dichiarò 'Deve ancora nascere un europeo bianco capace di mettermi in difficoltà'. Petrovic rispose sul campo segnando 44 punti".



Un altro italiano che sta giocando meglio di quanto abbia mai fatto prima è Andrea Bargnani. Però in nazionale delude spesso. Forse, non gli interessa più indossare la maglia azzurra?

"Non è detto. I motivi per cui un giocatore rende meno del previsto possono essere tanti. Ad esempio, lo scarso feeling con l'allenatore e i compagni. Prima di esprimere un giudizio definitivo sul rendimento di Bargnani in nazionale, aspetto di vederlo in azione con la nuova Italia allenata da Simone Pianigiani."



In molti sostengono che il problema della nazionale sia la mancanza di un settore giovanile di alto livello. E' d'accordo?

"I talenti ci sono, ma non vengono valorizzati. E' troppo diffusa l'abitudine di ingaggiare stranieri e non mi riferisco solo agli americani, ma agli europei comunitari. Il motivo è esclusivamente economico. Ci sono italiani che guadagnano troppo rispetto al loro valore effettivo, al contributo che danno alla squadra. Piuttosto che cedere alle loro richieste, un presidente preferisce ingaggiare uno straniero che magari è più motivato".



I grandi campioni NBA del recente passato, come Julius Erving e Kareem Abdul Jabbar, sono ancora popolarissimi. Oggi, ci sono giocatori in grado di diventare icone del loro sport?

"Solo LeBron James (che gioca nei Cleveland Cavaliers) e Dwayne Wade (Miami Heat)".