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L'ospite di oggi a Basket Story è Flavio Carera, spirito da gladiatore, Carera per tutta la sua carriera ha fatto dell'abnegazione, del coraggio e dell'applicazione difensiva il suo assoluto marchio di fabbrica. Partito da Bergamo, dove ha iniziato, è approdato alla Libertas Livorno dove ha accarezzato lo scudetto 1989, per poi rifarsi abbondamente con i tre tricolori consecutivi ottenuti con la maglia della Virtus Bologna.

 

Medaglia d'argento con la nazionale azzurra nel 1997, con 129 partite disputate, ha vinto lo scorso anno a Praga il mondiale over 45.

BASKETNET: Nella tua lunga carriera Flavio hai avuto la possibilità di far coincidere molto momenti vincenti con l’apice di ognuna di queste società: prima Bergamo, poi Livorno ed il ritorno ad altissimi livelli di una Virtus forse mai così forte.

CARERA: “ A volte nella vita conta moltissimo anche la componente fortuna, devo dire che ho avuto la possibilità di giocare in squadre che hanno vissuto momenti di grande crescita ed entusiasmanti. Non sono mancate le delusioni e qualche amarezza ma sono felicissimo per come è andata la mia carriera in senso assoluto”.



BASKETNET: E l’inizio è proprio in crescendo con la squadra della tua città Bergamo, che disputa alcune stagioni veramente esaltanti.

CARERA: “ Come molti ragazzini in realtà la mia grande passione iniziale era il calcio, e la “mia” Atalanta di cui sono tuttora tifosissimo. Poi affascinato dall’esperienza con l’Alpe Bergamo di mio fratello… mi sono appassionato al basket. Sono stato molto felice di aver fatto parte forse del momento più intenso e bello per la pallacanestro di Bergamo. Abbiamo fatto due promozioni consecutive, con lo storico approdo in serie A1 nella stagione 1982/83. Era una squadra molto forte con due stranieri eccezionali, Jura e Kupec, ed un gruppo solidissimo di estrazione canturina: coach Recalcati, Cappelletti, Meneghel, Natalini”.



BASKETNET: La tua cessione nella stagione successiva coincide con un altro ciclo storico per un’altra città. Questa volta Livorno, sponda Libertas.

CARERA: “ Esperienza magnifica con un gruppo fatto da giovani in grande crescita, come Forti, capitan Fantozzi, poi Tonut, e due stranieri anche qui a dir poco fantastici, Kevin Restani ed Abdul Jeelani. Jeelani era semplicemente strepitosto: grande tecnica, movimenti sinfonici, un maestro da ammirare. Restani era il giocatore tutta sostanza, anche lui gran signore, due giocatori da cui si poteva solo imparare”.



BASKETNET: Livorno significa anche la famosa, maledetta per voi, finale con Milano del 1989.

 

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CARERA: “ Come sempre quando perdi una finale per una frazione di secondo e con altri episodi discussi resta sempre l’amarezza. E’ stata una finale incredibile, c’era una tensione pazzesca nell’aria. Ricordo l’entusiasmo della gente di Livorno, ci sono state mille polemiche ma alla fine sono d’accordo con il “mio” capitano Alessandro Fantozzi. Abbiamo provato l’ebbrezza di essere stati campioni d’Italia per 15 minuti, ovviamente con un retrogusto amaro. Era stato costruito un gruppo unito e che era cresciuto moltissimo, buttammo fuori la Fortitudo di un grande come Artis Gilmore, poi la Virtus di Richardson dopo aver rischiato in gara 1 li travolgemmo in gara 3 (che ricordo bene visto che sono riuscito a mettere persino una tripla!). Peccato per quell’infortunio (spaccò una porta a vetri con un pugno n.d.r.) che si procurò Joe Binion a Reggio Emilia durante la regular season, con lui in campo forse saremmo stati ancora più forti”.



BASKETNET: Profumo di scudetto e successi che non ti farai mancare con la casacca bianconera della Virtus.

CARERA: “ Al mio arrivo a Bologna ho trovato una società che voleva riportare la Virtus ai massimi livelli e ci è riuscita visti i risultati importanti ottenuti. Tre scudetti consecutivi lasciano una traccia indelebile ed anche qui c’era uno spirito di squadra formidabile con un Danilovic che stava diventando già lo Zar. Proprio le sue parole quando mi definì il suo “muratore od operaio” preferito mi gratificarono molto. Significava che il mio lavoro per la squadra, la mia volontà di dare tutto veniva apprezzata all’interno dello spogliatoio. Una qualità che mi è sempre stata riconosciuta anche dalle tifoserie delle squadre per cui ho giocato. E' una bellissima sensazione ricevere l'affetto ed il calore dei tifosi anche quando torni da avversario o dopo la fine della carriera, da un senso a tutto quello che provato a dare in campo e fuori”.



BASKETNET: Ed è a Bologna che si consolida il mito del Carera tutto cuore che con le sue scivolate difensive, i suoi ganci e la sua grinta viene eletto a beniamino del pubblico.

CARERA: “ E’ una bellissima sensazione sentire il calore del pubblico che ti apprezza proprio per le doti che citavi tu. Ovviamente non potevo essere di certo il giocatore più tecnico, dovevo ricorrere ai mezzi cosiddetti di sopravvivenza per emergere. Il tuffo con recupero sapevo che piaceva al nostro pubblico e dava anche carica, era un modo per dare il mio segnale, la mia carica. Il gancio invece era un’arma se vogliamo “difensiva”. Ovvero non avendo molta esplosività per cercare di evitare stoppate da parte dei lunghi avversari utilizzavo questo gancio che ho cercato sempre di perfezionare. Certi automatismi diventano fondamentali quando giochi contro lunghi americani atletici e devastanti sotto canestro, ricordo come un incubo Lee Johnson che, ai tempi di Napoli, ogni volta che provavo qualche conclusione ravvicinata sentivo solo il rumore della palla stoppata ad altezze siderali che, sistematicamente, rispediva con altrettanta velocità in tribuna”.



 

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BASKETNET: Abbiamo parlato di tanti stranieri ma anche a te non sono mancati esempi straordinari anche in panchina. Di “mostri” sacri come Ettore Messina, ancora nel pieno della carriera, si parla sempre moltissimo. Ci vuoi raccontare invece di Alberto Bucci ed Ezio Cardaioli, due grandi coach del più o meno recente passato.

CARERA:” Cardaioli è stato un allenatore importante perché è quello che ha guidato la prima Libertas Livorno davvero vincente di quell’epoca. Era un maestro assoluto di tattica, disegnava difese pazzesche che erano persino complesse per noi che dovevamo eseguirle in campo. Però spesso riusciva nell’intento, tante partite le abbiamo vinte grazie ai suoi aggiustamenti tattici e giungemmo ad un quinto posto nel 1983/84 che fu davvero una grande conquista. Alberto Bucci invece, che ho avuto il privilegio di avere sia a Livorno che a Bologna poi, è sempre stato un motivatore straordinario. Sapeva come toccarti dentro, come riuscire a farti trovare nuove energie, a darti la “missione” da compiere, un vero vincente”.



BASKETNET: Un’ abitudine a vincere con Bucci che avete perso nemmeno ora, visto che siete campioni del mondo Over 45.

CARERA: “Ah certo non si perde la voglia di giocare e competere, e di perdere la finale con la Slovenia di Kotnik e Perasovic naturalmente non ne avevamo nessuna voglia. Il divertimento e lo stare bene insieme è alla base di tutto, si è formato un gruppo di ragazzi che non ne vogliono sapere di smettere di giocare. Oltre a me c’erano tanti protagonisti della seria A di un tempo: Riva, Dan Gay, Fantozzi, Ponzoni, Montecchi, e Gus Binelli. A proposito di questo, Gus nessuno ci crede che ti ritiri, hai ancora troppa voglia di giocare, sono certo che ti rivediamo presto in campo!”.

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