Giampiero Hruby
Se farà l'agente dopo le mancherà solo di fare il GM o il presidente-proprietario di un club...

«Beh, se riuscissi a fare solo una piccola parte di quanto fatto per esempio da Luciano Capicchioni in questi ultimi 40 anni andrei a cercare un diritto almeno di A dilettanti e farei il proprietario.

In quale città? A Trieste se non ci fosse oppure a Desio. Il modello, inevitabilmente, sarebbe Ferdinando Minucci».

Per intraprendere questa strada lascia Basketnet, la sua creatura che ha quasi 10 anni…

«Ho fondato BasketNet nel 2001, esattamente il 14 maggio e questo significa che tra poco meno di 6 mesi il sito compirà 10 anni.

A parte una breve parentesi di un paio di mesi, luglio e agosto 2003, nei quali ho svolto l'incarico di Direttore Sportivo alla Virtus Bologna nel periodo di passaggio da Marco Madrigali a Claudio Sabatini, a questo sito ho dedicato veramente molto tempo in quasi 3.500 giorni, che non sono pochi».

BasketNet è on line ininterrottamente da quasi 10 anni. Quale è il segreto?

«I segreti sono 3 e mezzo: bravissimi collaboratori e corrispondenti, negli ultimi 5 anni Raffaele Baldini, per 8 anni Dan Peterson. In questo periodo ho visto passare quasi un migliaio di collaboratori ai quali mando un sincero ringraziamento per il loro importantissimo contributo. Naturalmente sono stati importanti anche i nostri opinionisti ma è innegabile che Peterson, direttore dal primo giorno sino allo scorso anno, è stato un punto di riferimento unico che ha dato al sito non solo credibilità ma anche tante grandi idee. Il "mezzo" sono io: il mio ruolo in questi 9 anni e mezzo si è trasformato da proprietario, a giornalista passando per manager, semplice coordinatore e responsabile dei contenuti, un ruolo questo troppe volte sottovalutato anche da grandissime organizzazioni che operano nel campo della comunicazione. Proprio negli ultimi anni abbiamo avuto davanti agli occhi illustri esempi di come semplici giornalisti o telecronisti abbiano usato la carta stampata e la tv per se stessi o per tutelare amici del loro ‘giro’ e questo a insaputa della proprietà: che invece è quella che ha sulle sue spalle il rischio imprenditoriale e che magari dovrebbe vigilare di più sui contenuti che distribuisce».

Quali sono i numeri di BasketNet?

«Il sito in un solo giorno ha superato le 80.000 pagine viste e i 27.000 visitatori unici. Questo è il record. Nei 12 mesi del 2009 i visitatori unici sono stati più di 4.800.000. Questi sono numeri importanti ma soprattutto veri (la fonte è StatCounter) ottenuti senza un forum».

Come sarà il futuro di BasketNet?

«Da quasi due anni Andrea Rizzi è il coordinatore della Redazione On Line composta da altri 10 bravissimi collaboratori (Marco Taminelli, Alessandro Salvini, Marco Paolucci, Nicola Martinelli, Vittorio Festa, Davide Sardi, Davide Moroni, Carlo Perotti, Alessandro Bitteleri, Goffredo Guarino) che fanno leva sulla loro grande passione e che sono i responsabili delle attuali 8 sezioni del sito (Serie A, Legadue, Serie A Dilettanti, Eurolega, Basket Estero, NBA, NCAA, Femminile). Gran parte del merito del successo del sito è sicuramente loro. La vera forza è la redazione on line e l'insieme dei collaboratori che aggiornano il sito e che realizzano le rubriche chiamate CountDown o le quotidiane informazioni sul mondo NBA.

Il futuro di BN dipenderà principalmente da loro e naturalmente da Luca Allevi che è il nuovo timoniere. Poi dai vari corrispondenti: sono quasi un centinaio sparsi in tutta Italia ma non solo. Ad esempio Gianluca Buttarello, nostro storico collaboratore sin dal 2001, vive in Australia e copre benissimo quel continente. Il futuro comunque sarà, in linea di massima, senza di me: Allevi mi vorrebbe ancora parte del team e mi ha proposto di tenere un blog per parlare del “mondo degli agenti” ma non ho ancora deciso se accettare o meno. Non voglio dare adito a sospetti di conflitti di interesse».

Quali sono stati i momenti più belli-ricchi di soddisfazione ma anche brutti e deludenti di questi 10 anni?

«Parto dalla fine: la delusione è legata a qualche raro collaboratore che voleva fare i suoi "affari". Un po’ il discorso fatto sopra ed ecco perchè in un sito di queste proporzioni è necessario un responsabile dei contenuti. Quando mi accorgevo di questo facevo il possibile per interrompere la collaborazione. Poi un paio di volte persone vicine alla cosiddetta “Banda Osiris” (il termine non è mio) hanno provato ad infiltrarsi ma non sono durate molto tempo… Altri casi negativi sono legati a qualche collaboratore che voleva “usare” BN per un facile accredito. Sono però pochi casi in quasi 10 anni, davvero limitati. Al contrario i momenti belli sono tanti e per citarli tutti dovrei veramente parlare ore e ore e quindi ricordo solo l’ultimo. All’inizio di questa stagione 2 corrispondenti storici come Fabio Bortolini e Marco Cescon hanno deciso per ragioni diverse di lasciare BN. Il primo aveva iniziato nel 2001 il secondo 2 anni dopo circa. Seguivano la Benetton Treviso e, a differenza della maggior parte dei collaboratori, non erano giovanissimi: la coppia si è formata per caso ma si è sempre dimostrata una delle migliori se non la migliore di tutte. Quando hanno deciso di lasciare hanno scritto una bellissima mail che mi ha emozionato. Episodi del genere danno energia e motivazione».

Riparte da zero o quasi: ma cosa farà da grande Giampiero Hruby?

Claudio Bardini
«Non ne ho idea. Ma mi sento già grande nel senso di vecchio. Tutto è passato molto velocemente: ho iniziato a giocare a Udine, per un periodo Andrea Fadini è stato il mio allenatore e anche compagno di squadra. Poi tutto è decollato grazie a Claudio Bardini, al quale sarò riconoscente per tutta la vita, che mi ha dato l’opportunità di entrare ad allenare il Settore Giovanile all’Olimpia Milano dove il GM era Antonio Cappellari e l’allenatore Dan Peterson, altra persona unica che ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare con continuità. Come allenatore dopo l’inizio a Udine (76-79) e a Milano (79-82) le esperienze a Mestre (82-83), Fabriano (83-89), Pesaro (89-92), Desio (92-94) e Rimini (95-96). E poi statistiche, libri, ranking, internet, netcasting e tanto altro, con il basket sempre al centro di tutto. In tutta sincerità, fino ad oggi, mi sono veramente divertito tanto e pochissimo volte pensavo che stavo lavorando. Nel nostro ambiente siamo tutti molto fortunati ma non tutti se ne accorgono: stiamo facendo qualcosa che ci appassiona e per di più, chi più e chi meno, pagati».

Fra dieci anni quali altre novità ci dobbiamo aspettare?

«La novità spero arriverà prima di 10 anni, magari in 5 anni e sarà il mercato on line del basket italiano. Una idea che qualche anno fa che avevo già presentato in collaborazione con la LNP targata Curioni-Gonella con il patrocinio della FIP targata Maifredi. Ho brevettato questa idea già nel gennaio 2008 investendo molti soldi perché in Italia i brevetti si pagano cari. Per farlo regolarmente mi mancava però la licenza che invece adesso ho preso. Quindi sono pronto: ho in mano il progetto, il brevetto e la licenza FIP. La chiave sarà quella di decidere il momento migliore per lanciarlo. Sbagliare il timer potrebbe dire fallire mentre indovinare il momento potrebbe voler dire innovazione. Vedremo…».

Chiudiamo allora questa parentesi durata quasi 10 anni di carattere giornalistico con uno scoop?

«Okay. Non so se è uno scoop o meno ma grazie ad un assist di un mio ex collaboratore ho iniziato ad approfondire da qualche settimana la questione del numero di giocatori “stranieri” che possono giocare in Nazionale A in competizioni FIBA. Penso che a molti sia sfuggito che nell’European Championships Qualifying Round della scorsa estate (l’Italia faceva parte del gruppo A dove si è piazzata al terzo posto dietro a Montenegro e Israele) la vittoria nel girone B è andata alla Gran Bretagna che nel solo quintetto presentava Ogooluwa Adegboye (nato in Nigeria nel 1987), Luol Deng (nato nel Sudan nel 1985), Nate Reinking (nato negli USA nel 1973). In panchina poi si trovava anche Flinder Boyd (nato negli USA nel 1980). Siamo già a 4 giocatori. E noi invece perché solo Antonio Maestranzi (nato a Chicago nel 1984)? Non si poteva magari schierare anche Shaun Stonerook (nato a Columbus nel 1977) e Mason Richard Rocca (nato a Highland Park sempre nel 1977). Ma soprattutto non si potrebbe verificare se veramente l’ex UCLA Matt Barnes (nato a Santa Clara nel 1980) ora ai Los Angeles Lakers con una discreta carriera nell’NBA fatta di 7 stagioni consecutive ha veramente, come si vocifera, la mamma italiana? Insomma la mia sensazione è che la Nazionale Italiana, volendo, possa schierare oltre a Shaun Stonerook anche tutti i Rocca, Maestranzi o perché no Barnes del mondo. Aggiungo anche che la Nazionale irlandese nell’European Championships Qualifying Round del 2009 schierava Christopher Bracey, Damian Richard Matacz, Donald McGrath, Michael Jerome Westbrooks, Jay Larranaga, Bryan Eugene Mullins, Michael Anthony Williams, e Justen Naughton. Sono 8. E secondo me sono tutti casi identici ai nostri Rocca, Maestranzi & C.

Il fatto è che il regolamento FIBA, specificamente l’articolo 88.3, parla di "acquisizione" e di naturalizzazione; due concetti che possono essere interpretati in maniera diversa.

Il riconoscimento di cittadinanza non comporta infatti una acquisizione della cittadinanza ma solo la constatazione del fatto che il soggetto ha dimostrato di non aver perso un suo diritto di nascita, il cosiddetto “ius sanguinis”.

Non è neanche una naturalizzazione, concetto che presuppone l'assenza di un diritto naturale, appunto lo “ius sanguinis”, che viene corretto mediante una artificiale conseguimento della cittadinanza, per esempio attraverso matrimonio, o come permesso dalla nuove legge Fini a causa della combinazione della nascita sul suolo italiano e la residenza ininterrotta sullo stesso per un numero determinato di anni.

E’ possibile che la FIP abbia confuso, a differenza degli inglesi ed irlandesi, il concetto di naturalizzazione, equivalente in questo caso alla acquisizione, con il riconoscimento di un diritto già esistente.

La differenza non dovrebbe poi essere nemmeno tanto sottile dal mio punto di vista:

1) Riconoscimento = cittadinanza (diritto) esistente che viene riconosciuto.

2) Naturalizzazione = diritto (cittadinanza) inesistente che viene "creato" e dato al soggetto.


In conclusione: spero di sbagliarmi ma al momento mi rimane il dubbio che da qualche anno la Nazionale Italiana non abbia schierato la miglior formazione possibile. E questo potrebbe esserci costato qualcosa in questi ultimi anni…».

A 3 anni di distanza dal “caso Chiacig” che per primo aveva denunciato proprio attraverso BN proponi un nuovo possibile scoop. Vuole proprio chiudere in bellezza?

«Sì. Sono passati quasi 3 anni da quell’articolo. Ma purtroppo quanto ho appena detto sul numero di “stranieri” da schierare in Nazionale non è l’unico dubbio. Ne ho ancora almeno uno. Molto più simile proprio al “caso Chiacig” -- http://www.basketnet.net/news/85757/ --.

Il famosissimo "Ricky" Rubio è nato in Spagna a El Masnou il 21 ottobre 1990. Ha esordito nella Liga spagnola ACB nella stagione 2005/06 all'età di quattordici anni, undici mesi e ventiquattro giorni. Immaginiamo che poco più di 5 anni dopo a Milano il 21 novembre 1995 sia nato un nuovo Rubio e come naturale sia tesserato per l'Armani Milano. Secondo voi il Rubio “lumbard” potrebbe giocare oggi in prima squadra da italiano “formato” con Mancinelli, Mordente & C. in Serie A? Sembrerebbe scontato se ne dimostrasse le medesime capacità dello spagnolo ed invece non è così: Non potrebbe farlo non avendo completato la “formazione” che richiede 4 anni a livello giovanile. Prima di questi 4 anni, intesi tra l’altro come 4 intere stagioni sportive (non solo devi giocare 14 partite ma devi aspettare il termine della stagione sportiva), il giocatore è in “corso di formazione”. Tutto questo cozza un po’ con la regola che permette al compimento del 15° anno di età di firmare un contratto professionistico. Ma come detto al 15° anno non puoi avere completato i 4 anni. E quindi nessuno ti vieta di giocare ma da passaportato… non da italiano. Per poter giocare da italiano il Rubio “lumbard” dovrebbe aspettare il 16° anno di età (21 novembre 2011 quando dopo il primo tesseramento a 12 anni avrà disputato il campionato under 13, 14, 15 e 17 per completare i 4 anni). Ecco perché tutto questo mi sembra molto simile al caso Chiacig che senza una deroga nel 2008-09 sarebbe stato considerato uno straniero. Naturalmente spero, sia in questo caso che in quello che riguarda la Nazionale, di aver interpretato male qualcosa e che in campo abbiamo mandato la miglior formazione concessa dai regolamenti FIBA e che il Rubio “lumbard” possa già giocare, come quello spagnolo, a quattordici anni e non a sedici…».

Intervista a cura di Stefano Benzoni