La notizia che ci ha svegliati stamattina è di quelle che non fa piacere a nessuno ricevere: la NBA ha cancellato ufficialmente le prime due settimane di stagione regolare. Le dodici ore spese in contrattazioni negli ultimi due giorni non sono servite a evitare questo duro colpo agli appassionati NBA, ma ora che il lockout ha mietuto le prime vittime eccellenti (addio Mavs-Bulls il primo novembre, addio Mavs-Thunder il 5 e via così), è il caso di provare a spiegare perché l'Associazione Giocatori e i proprietari non riescono a trovare un accordo.
Senza entrare troppo nei dettagli tecnici, i punti focali della discussione sul nuovo contratto collettivo (CBA, Collective Bargaining Agreement) sono sostanzialmente quattro:SALARY CAP E LUXURY TAX – Nello scorso CBA il sistema di retribuzione dei giocatori, il cosiddetto salary cap, era considerato “soft”, ovvero ogni squadra aveva la possibilità, attraverso diverse e significative eccezioni, di sforare oltre la quota posta dalla Lega ogni anno attorno ai 57/58 milioni di dollari (il cap, il tetto salariale, in pratica i soldi destinati agli stipendi del proprio roster). Oltre a questo primo limite, la NBA poneva di anno in anno un nuovo limite, quello della “luxury tax”, la tassa di lusso: ogni squadra che avrebbe sforato quota 70 milioni di dollari con i propri contratti, avrebbe pagato un dollaro di multa per ogni dollaro oltre quella quota. La somma raccolta attraverso la tassa di lusso sarebbe stata ridistribuita tra le varie squadre rimaste sotto il cap di 58 milioni, incentivando in questo modo le squadre a non sforare oltre quella quota e, soprattutto, scoraggiando le altre ad andare sopra i 70 milioni.
Ora, i proprietari vogliono ridiscutere il sistema del cap irrigidendo ancora di più la tassa di lusso, che farebbe pagare non più un dollaro di multa ma fino a un massimo di quattro per ogni dollaro oltre quota 70 milioni. Inoltre, vorrebbero che alle squadre fosse impedito di andare oltre la tassa di lusso più di due volte ogni cinque anni e – quando ciò dovesse accadere – si vorrebbe impedire alle squadre che già pagano la tassa di usare la “Bird Exception”, ovvero l'eccezione che permette alle franchigie di rifirmare i loro giocatori più importanti (il Kobe Bryant di turno, per intenderci) al massimo salariale e senza limitazioni di cap.
L'associazione giocatori vede queste proposte come un “hard cap” di fatto, magari non dichiarato ma che, nei fatti, si comporta come tale, e lo rifiuta apertamente. Al momento questo è uno dei principali scogli da superare per avere un accordo.
BRI – Il BRI, acronimo di Basketball Related Incomes, sono tutte quelle entrate che la NBA registra grazie a tutto ciò che è “pallacanestro”, dalla vendita dei biglietti ai contratti televisivi, fino alle sponsorizzazioni. Quella torta, che corrisponde a circa 4 miliardi di dollari, viene divisa ogni anno tra proprietari e giocatori in base agli accordi presi nel contratto collettivo. Nell'ultimo CBA, la ripartizione della torta vedeva destinati ai giocatori (la somma dei loro salari) il 57% degli introiti e il resto ai proprietari (43%).
Ora, la Lega vuole cambiare questa proporzione per le mutate condizioni economiche mondiali e perché denuncia un rosso di 300 milioni complessivi nell'ultimo anno, sommando i bilanci di tutte le franchigie (22 su 30 in perdita, in base a quanto riferito). Entrambi le parti sono oggi ferme sul 53%: i giocatori propongono il 53% per loro e il 47% ai proprietari, che invece vogliono questi valori invertiti. Questo “gap” di 6 punti percentuali, che sembrano pochi ma equivalgono a 240 milioni di dollari (ogni punto vale circa 40 milioni) è un altro dei principali ostacoli all'accordo tra le parti. Sembra che Stern abbia privatamente chiesto a Billy Hunter se i giocatori fossero disposti a fare 50/50 della torta per salvare la stagione, ma la risposta è stata negativa e questo ha provocato lo stallo delle trattative che sostanzialmente ha portato fino alla rottura di questa notte.
MID LEVEL EXCEPTION – Una delle principali eccezioni al cap è quella chiamata “mid level exception”, che permette alle squadre sopra il cap di firmare un giocatore a un contratto “standard”, basato sul salario medio della NBA di quell'anno per una durata massima di cinque stagioni. I proprietari vorrebbero abbassare significativamente il “peso” di quei contratti (da 5.8 milioni a 3 milioni di dollari) e mettere una durata massima di due/tre anni a quel contratto.
DURATA CONTRATTI – Un altro nodo del contendere è la durata massima dei contratti dei giocatori. Nello scorso CBA la lunghezza massima di un nuovo contratto era di cinque anni per un free agent proveniente da un altra squadra e di sei per un giocatore rifirmato dalla propria squadra. Ora i proprietari vorrebbero ridurre quelle quote rispettivamente a tre anni per giocatori “acquistati” e quattro anni per quelli interni, mentre l'associazione giocatori non vuole scendere sotto i quattro e cinque anni.
Al momento non sono previste ulteriori negoziazioni tra le parti e i giocatori hanno in programma un incontro “interno” a Los Angeles nei prossimi giorni per discutere di quanto emerso nelle ultime ore. Se fare una previsione di quando finirà il lockout appare azzardato più che mai, quello che si sa è che la cancellazione delle due settimane porterà a una perdita di circa 200 milioni di dollari per entrambe le parti in gioco.
Fino a quando durerà questo gioco al massacro non si sa, noi come tutti speriamo che si torni a giocare il più presto possibile.