Sono bastate due domande, ma soprattutto le relative risposte circostanziate, per scatenare l'opinione pubblica. Domenico Sorgentone e' un allenatore che aveva qualcosa da dire, non perche' doveva dire qualcosa (la differenza e' sostanziale); ha toccato nervi scoperti del mestiere, e noi di Basketnet.it non potevamo non cogliere l'occasione. Un'intervista con domande schiette per un uomo schietto, botta e risposta con la presunzione di dare ulteriori spunti per una discussione che sembra interessare non poco.

Coach, la sensazione è che il quadro che lei ha tracciato rispecchia la situazione socio-economica del paese: chi è ricco può permettersi di "finanziare" la propria professione, chi è povero deve necessariamente incanalarla come hobby, o mi sbaglio?

Mai pensato che il nostro sia un mondo avulso dal contesto socio-economico, non sono così ingenuo. La crisi economica morde e quella di moralità ne rende più difficile l’attenuazione, è logico che il basket non ne resti immune ma un conto è pagarne tutti le conseguenze allo stesso modo, altro è colpire in modo particolare la categoria degli allenatori. Il mio grido di allarme nasce dalla constatazione che, dopo essere arrivati tutti a limiti bassi invalicabili, con i coaches si vada oltre. Perché capita ? Colpa nostra essenzialmente. Negli ultimi anni abbiamo fatto di tutto per apparire l’anello debole ed ora se ne pagano le conseguenza. Attenzione però, se non ci sarà una presa di coscienza collettiva, la conseguenza estrema sarà letale per il basket italiano nella sua interezza, non solo per gli allenatori. I ricchi ad allenare ed i poveri a fare i dopolavoristi ? Estremizziamo, perché non allenatori “baroni” pronti a tramandare ai figli le proprie panchine creando dinastie inamovibili ? Siamo in Italia, il paese dove tutto è possibile, anche vedere le menti più capaci costrette a fuggire all’estero mentre Schettino e Briatore tengono la loro “Lectio Magistralis” nelle università più prestigiose. Amo troppo questo sport e non voglio prefigurarmi scenari di questo tipo, roba da nausea.

Mare inquinato, ma anche quello delle alte sfere della serie A?

In serie A allena gente da serie A, forse non la sola ma, con un sistema bloccato come il nostro, non sapremo mai se altri potrebbero esserne capaci. Non vedo particolari anomalie lassù, comunque in passato qualche marchietto (ho scritto marchietto, non marchetta) sulle canotte c’è finito.

Si parla di dignità lesa da cifre imbarazzanti, secondo ma anche da un'invasione di territorio malsana: molti coaches hanno sdoppiato la propria figura in quella di allenatore-GM, per uno stipendio alto e per accomodare le società. Anche questo è un male...

Da che mondo è mondo gli allenatori sono parte attiva durante il mercato estivo e spero che lo restino sempre. Certo è che un totale accorpamento di ruoli in capo ad una sola figura è una follia che danneggia sia la qualità del lavoro in palestra sia quella dietro una scrivania.
Nella mia vita ho conosciuto entrambi i ruoli ( ricoprendoli separatamente però) e so per certo che dopo un’estate di mercato e di organizzazione esclusivamente sulle tue spalle non si può avere la giusta energia fisica e mentale per allenare “sul serio” e per bene una squadra.
Magari esiste qualche Rambo del doppio ruolo ma, sia chiaro, di energia ne serve una dose massiccia.
Inoltre penso che due o tre teste sinergicamente collaboranti rendano molto più di una.

La soluzione è un'operazione introspettiva del singolo che si esplicita in una collettiva ed omogenea operazione per il ripristino dei minimi tariffari di categoria. Ma allora la meritocrazia avrebbe ancora senso in un regime monetario controllato entro delle forbici prestabilite?

Certo che avrebbe senso. Anzi, solo in quel caso ne avrebbe uno davvero compiuto. Innanzitutto la forbice deve avere una sola lama prevedendo un minimo, a mò di salvaguardia della dignità e della professionalità, e non un massimo.  A quel punto se alleni gli Sfigators e lo fai tanto bene che ti chiama il Bengodi basketball club tre categorie sopra, ci vai in quanto bravo e non perché ti offri a un quarto dei tuoi colleghi. Io auspico una reale mobilità nel nostro mondo, la vorrei legata prettamente al merito. In effetti non c’è mai stata, Arrigo Sacchi ha rinnovato il calcio venendo dal basso …. qualcuno  sa dirmi chi è il Sacchi del basket ? Forse mi sfugge ma non lo vedo. Allarghiamo la ricerca ai giocatori e mi vengono in mente Mario Boni e Di Bella. Gli altri tutti prodotti da settori giovanili di serie A o acquistati dagli stessi in tenera età.

Altro problema: tariffe certe per tutti a seconda della categoria. Calcolando che per certi versi le categorie giovanili ricoprono importanza analoga e forse maggiore di quelle senior, la società come fa ad affrontare un esborso tale?

Tutti tranquilli. Laddove “le categorie giovanili ricoprono importanza analoga e forse maggiore di quelle senior” in realtà e non solo sui comunicati, le società affrontano già esborsi commisurati al valore degli istruttori. Diciamo piuttosto che queste realtà si contano sulle dita di una mano e che, probabilmente, basterebbe anche la mano di un poveraccio che qualche dito l’ha perso. Piuttosto starei attento a quelle situazioni dove autentici prestanome, per un piatto di lenticchie, “coprono” l’esigenza regolamentare di avere allenatori qualificati a ricoprire il ruolo di Responsabile del Settore Giovanile.

...e in un elitario gruppo di accasati (in proporzione agli affiliati), i giovani senza curriculum che fine farebbero?

Esplicito meglio il mio pensiero.  Non mi batto per conservare privilegi che non esistono, né miei né di tanti colleghi, mi batto perché la dignità di TUTTI gli allenatori non venga calpestata. I giovani senza curriculum ? Lavoreranno duro per farselo come abbiamo fatto tutti, a partire dai tempi in cui gli allenatori italiani erano ritenuti veri fulcri delle rispettive società e trattati come tali. Non vedo come l’idea di avere dei minimi contrattuali per categoria possa rendere più difficile la strada ad un giovane allenatore, siamo uomini di campo e lì tutto è chiaro. Viviamo l’esatto opposto della politica, lì si vince sempre ….. qui no, c’è un tabellone luminoso che non inganna mai. Al di fuori della metafora dico che la bravura, prima o poi viene sempre fuori. Credo sia meglio, anche per un giovane coach, che venga fuori in un sistema dove ci sia l’abitudine a riconoscere la professionalità ed il valore del lavoro degli allenatori.

Ridare senso al ruolo dell'allenatore; prima istruire i dirigenti o prima riportare all'ordine gli allenatori stessi?

In questo sono lapidario: non si può istruire nessuno se prima non si fanno i conti con la propria coscienza, quella individuale e quella di categoria.
Per completezza voglio ribadire un principio che ho già sottolineato in una precedente intervista, la dignità della categoria a cui appartengo non passa solo attraverso una cifra scritta su un contratto. E’ un orgoglio a 360 gradi che dobbiamo ritrovare.

Sincero: meglio stare fermo un anno e rischiare di uscire dal giro, o allenare sottocosto aspettando tempi migliori?

Sincero esibendo la sincerità dei comportamenti reali. Delle due la terza, meglio ripartire dal basso sposando un progetto serio di tre anni e rimettendosi in gioco per l’ennesima volta. Stimoli di rivalsa e motivazioni a iosa, professionalità e dignità salvaguardate. Più mobilità di questa !

 

 

da www.basketnet.it