Ricevo una lettera di un allenatore professionista, non certo alle prime armi, e che non citerò per volontà dello stesso. Si, perchè ha molto più senso renderla impersonale per non depistare il lettore. La intendo come un “manifesto di insoddisfazione contemporanea”, a cui mi son permesso di rispondere come fossi un interlocutore. E’ così difficile oggi poter interagire LIBERAMENTE con un addetto ai lavori che approfitto (scusandomi)anche per via epistolare interrompendo come un giornalista rompipalle…

“Caro Presidente, Sono ormai da diversi anni nel mondo dello sport come figura attiva e ho avuto l’ incredibile fortuna di conoscere molte realtà a tutti i livelli, dalla piccola società a quella professionista. La cosa che mi ha colpito fortemente e alla quale ho spesso cercato di dare una risposta è come sono cambiate le relazioni ma soprattutto i programmi i tempi e i modi per la realizzazione di un progetto vincente. Le società che hanno fatto la storia dello sport costruendo un modello di lavoro che definirei anche ” stile” (perché a volte hanno caratteristiche diverse) sono partite con un progetto che ha dato un valore al tempo, alle vittorie e le sconfitte e tutti quei innumerevoli errori e cambiamenti.

Non un solo sarto è bastato alla realizzazioni di una cosa che andasse al di sopra delle mode e fosse unica solida e assolutamente riconoscibile. Riconoscibile non dalla griffe ma dalla qualità del disegno completo che non ha bisogna di marchi. Riconducibile alla persona che è a capo del progetto al di sopra di tutti. Com’è possibile che in questi ultimi anni la voglia di soddisfare chissà quale parte nascosta dell’ ego ” sono un vincente nella vita e nel lavoro devo esserlo anche nello sport” oppure del “orgasmo del tutto e subito ” ci ha portato in una situazione dove il profumo di quella attenzione,maturità e della capacità di delegare non ci sono più.”

Ecco coach, grande sensibilità quella di considerare la riconoscibilità del prodotto attraverso la qualità delle competenze e non rispetto alla vendita del “marchio”. La differenza negli ultimi anni l’ha fatta proprio la qualità della classe dirigente: negli anni d’oro della pallacanestro il Presidente, il GM, l’allenatore non avevano bisogno della carta patinata, di una stampa “ammaestrata” o di dichiarazioni liofilizzate per emergere, bastava uno sguardo o un gesto per mettere in riga chiunque. Oggi non c’è gavetta, non c’è studio e men che meno personalità, c’è un sistema atto ad anestetizzare l’opinione pubblica.

 

“Com’è possibile che l’ uomo che deve essere al di sopra di tutto che vede avanti, possa cadere nella frustrazione di un semplice tifoso per una sconfitta o nella prosopopea per una semplice vittoria. Fare proclami o promesse su cose che non è possibile oggettivamente sapere se succederanno perché lo sport ha milioni di variabili, Dimenticando una cosa fondamentale che lo sport è fondato sul ” talento ” che una cosa non quantificabile che si modifica nello spazio tempo.”

La fragilità dell’uomo sportivo moderno (“uomo” e “sportivo” le ho messe apposta separate, perché una volta erano fuse nello “sportivo” e basta) è l’insostenibile leggerezza dell’inconsistenza, per cui se non vi è struttura non è neanche possibile reggere l’urto del primo venticello primaverile. Così la foglia si stacca facilmente dal proprio ramo (radici culturali) e si fa cullare (condizionare ndr.) dalle correnti…

“Senza analizzare che è proprio per questo che le grandi aziende usano figure sportive per capire le dinamiche molto complesse di un nucleo sportivo, perché vi è all’interno di esse un serie di eventi spesso molto più accelerati e esasperati da dove si possono rubare situazioni che servono al miglioramento della propria realtà. Dove spesso si scopre che il valore aggiunto, come in tutte le cose, è la passione, l’amore per quello che si fa e l’orgoglio di appartenenza, cosa ovviamente più facile che si realizzi in un ambiente sportivo poiché spesso è collegato alla realizzazione di un sogno.”

Quanti lo fanno veramente con passione il proprio lavoro? Io sono giornalista per cui riporto, anche sulla stregua di semplice sensazioni, lo spirito che anima un professionista. Posso dire senza allontanarmi troppo dal vero che se oggi il 10-15% degli addetti ai lavori opera con reale passione è già tanto. Non a caso i testimonial stanno diventando sempre più soggetti recuperati da sport singoli e non di squadra. Purtroppo, quando il “sacro fuoco” manca, ecco che la dedizione diventa proporzionata al ricavo.

“Essere un Presidente sportivo non è una cosa ovviamente facile e oggi come oggi richiede investimento importanti, ma la sfida è così incredibilmente affascinante andare contro tendenza senza cadere nei tranelli prima citati vuol dire crescita per se stessi e nel proprio mondo di lavoro con un esperienza che va rubare nuovi schemi e nuove dinamiche. Sfida che può creare uno stile veramente inconfondibile che è qualcosa molto di più di essere vincente, forse ” felicemente unico”. Grazie Pres.”

Sfida…appunto, quella magica parola che dovrebbe incistarsi in ogni individuo ambizioso e che non dovrebbe mai sbiadire con l’incedere del tempo. Nessuno scommette più, nessuno va contro tendenza, nessuno osa. Il giorno che vedremo l’unicità di un progetto allora si che sarà l’alba di un nuovo giorno, il primo passo credibile verso il Risorgimento cestistico.

 Intanto grazie per la lettera, questa si che è intrisa di amore per il basket.

 

Direttore Raffaele Baldini