All'inizio degli anni '90 quando passò dal campo alla panchina di Milano, il gioco era fisico, tutti utilizzavano due lunghi, l’ala forte era praticamente un centro un po’ più basso e magari un po’ più pericoloso al tiro. Valeva in tutto il mondo. Nel 1999, quindi alla fine del decennio, San Antonio vinse il suo primo titolo NBA con Tim Duncan da ala forte e David Robinson da centro. I Knicks che giocarono la finale, al completo avevano Patrick Ewing da centro e Kurt Thomas o Marcus Camby come ali grandi. In Italia la Virtus di Messina campione d'Europa nel 1998 aveva Savic e Nesterovic e Frosini; nel 2001 vinse tutto con Frosini da 4 e Griffith da 5 più Smodis. Era un altro basket.
A Milano, D’Antoni aveva guidato in campo squadre con Meneghin e Gianelli; Meneghin e Carroll; Meneghin e McAdoo; Meneghin, McAdoo e Brown insieme addirittura. Ma D’Antoni da allenatore scelse Jay Vincent come ala forte: per quei tempi era una rivoluzione perché Vincent era un 4 perimetrale, per quei tempi quasi un 3. La nascita dello “Smallball” che oggi caratterizza la NBA risale a quegli anni. D'Antoni l'ha ideato o applicato in Italia ed esportato (dopo Milano e la breve esperienza di Denver lo fece anche a Treviso con Riccardo Pittis da 4). Gli statistici hanno dimostrato con i numeri che aveva sempre avuto ragione. A distanza di oltre venti anni D'Antoni resta il miglior interprete di questo stile di gioco.
In quattro anni, D’Antoni portò l’Olimpia ad una finale scudetto, una finale di Coppa Italia, alla vittoria in Coppa Korac contro Roma e ad una Final Four, nel 1992. A Istanbul, l’Olimpia arrivò a giocarsi la semifinale contro la squadra che poi avrebbe vinto il titolo, il Partizan Belgrado: i serbi non erano i favoriti ma con il senno di poi avrebbero dovuto esserlo. Erano guidati da Zeljko Obradovic, il coach più vincente d’Europa (dopo), supportato come “senior assistant” da Aza Nikolic. In campo avevano Zeljko Rebraca, Sasha Djordjevic (che a fine anno sarebbe venuto a Milano) e Predrag Danilovic (che sarebbe andato a Bologna).
L’Olimpia aveva probabilmente compiuto un errore puntando su Darryl Dawkins e Johnny Rogers così appesantendo la squadra, spostando gli equilibri vicino a canestro e di fatto rinnegando i principi chiave del gioco di D’Antoni. Successe a Milano e poi sarebbe successo di nuovo a Phoenix quando presero Shaquille O'Neal rovinando gli equilibri degli anni precedenti.
D'Antoni con il suo stile vinse in Italia e in Europa prima a Milano e poi a Treviso dove Ricky Pittis si trasformò in un 4 a tempo pieno. Nella sua seconda esperienza NBA a Phoenix decise di andare fino in fondo con le sue idee. E avrebbe cambiato la storia.
La prima Phoenix di D'Antoni aveva Steve Nash nei panni dell'attuale James Harden di Houston (fu due volte MVP), Joe Johnson e Quentin Richardson come esterni. Shawn Marion da ala forte. Amar'e Stoudemire da centro. Segnavano 115.01 punti ogni 100 possessi nel 2004/05. Quei Suns erano offensivamente al livello dei Warriors di Curry, Durant e Thompson. I punti ogni 100 possessi furono 112.27 nel 2005/06 quando Joe Johnson venne ceduto ad Atlanta e Quentin Richardson a New York, gli esterni del quintetto erano Raja Bell e Jimmy Jackson ma soprattutto i Suns non ebbero Stoudemire per 79 partite su 82. In quintetto avevano Kurt Thomas o Boris Diaw. In quel momento sembrava che il gioco funzionasse a patto che ci fosse Nash ovvero un playmaker creativo di estremo talento. James Harden in fondo è l'evoluzione della specie dal punto di vista atletico e della mentalità.
Rientrato Stoudemire nel 2006/07 schizzarono di nuovo a 114.68 punti ogni 100 possessi. Avevano la stessa squadra dell'anno precedente. Vinsero 61 partite. Probabilmente avrebbero vinto il titolo senza il giallo delle sospensioni in gara 5 nella serie con San Antonio (un fallo criminale di Robert Horry su Steve Nash in gara 4 determinò una mezza rissa con ingresso illegale in campo di Amar'é Stoudemire e Boris Diaw: la sospensione di entrambi cosò la sconfitta in gara 5 obbligando i Suns a dovers salvare la stagione in trasferta in gara 6 ma non ci riuscirono). L'errore lo fecero dopo, scambiando per O'Neal. Come era stato un errore a Milano prendere Darryl Dawkins.
L'esperimento O'Neal e poi quanto è accaduto soprattutto ai Lakers con Dwight Howard più che ai Knicks, e alla luce della stagione dei Rockets, dimostra chiaramente che D'Antoni come allenatore ha un'identità precisa e immutabile. Come Phil Jackson e il triangolo o al college Jim Boeheim e la zona 2-3, Bobby Knight e il suo motion offense, Dean Smith e il T-Game eccetera. Chiedere a D'Antoni di allenare una squadra che non ne assecondi le idee è autolesionismo. Ha funzionato a New York ad esempio prima di Carmelo Anthony e nell'interregno della Linsanity. Ma supportato nelle sue idee non solo queste funzionano ma escono esaltate dagli interpreti.
Houston aveva avuto a sua volta una stagione pessima. Mentre la scuola di pensiero convenzionale voleva che una squadra offensiva scegliesse un allenatore difensivo, i Rockets hanno puntato su un'identità forte. Non volevano una via di mezzo, un compromesso. Volevano abbracciare totalmente la filosofia del club prendendo il miglior allenatore per condividerla e implementarla. Poi sono andati sul mercato e hanno agito di conseguenza firmando due tiratori di elite come Eric Gordon e Ryan Anderson aggiungendoli a Trevor Ariza (e successivamente hanno rincarato la dose con Lou Williams poi sacrificato per prendere Chris Paul).
In questo momento Houston è ai limiti dell'indifendibile perché riesce a mettere pressione sulla difesa avversaria su una fetta di campo troppo ampia. I Rockets sono devastanti attorno al ferro con le penetrazioni di James Harden e il pick and roll che manda a canestro normalmente Clint Capela (o Nene'). Ma per riempire l'area contro soluzioni chiaramente ad alta percentuale (Harden ha il 67.9 % al ferro, Capela il 72.6 %) bisogna scoprirsi sul tiro da tre quando ci sono non solo tre dei migliori specialisti della Lega ma due di essi eseguono il tiro anche un metro o un metro e mezzo dietro l'arco. Eric Gordon e Ryan Anderson estendono la difesa più di quanto sia mai stato fatto (ai tre specialisti vanno aggiunti i buoni tiratori da tre ovvero Paul, Harden, Tucker e Mbah-a-Moute). I Rockets hanno circa 200 triple a segno più della seconda che è Brooklyn (Golden State è quinta).