Durante la settimana ho avuto l’impressione che la squadra stesse “aspettando” ansiosamente l’esordio anziché “prepararlo” attraverso il lavoro e la concentrazione quotidiana. Abbiamo, ovviamente in buona fede, pensato a qualcosa che sarebbe stato e non a lavorare per far si che quel qualcosa fosse bello e positivo. Da questo punto di vista mi sento presuntuosamente bravo a “sgamare” la squadra quando si imbatte in un atteggiamento negativo, ma sono stato altrettanto scarso a non riuscire a rimediare in corsa al brutto andazzo. Questa non deve assolutamente trasparire come una modo per mettere in secondo piano il valore degli avversari che hanno fatto un’ottima partita, dimostrando organizzazione e serenità superiori e che hanno imposto le loro caratteristiche sulle nostre. Di sicuro, però, se potessi rifare la partita, chiederei l’ulteriore concessione di ridarmi la settimana precedente all’incontro per presentare una squadra un po’ più preparata e solida, sia tecnicamente che mentalmente. Dico questo perché è inimmaginabile, altrimenti, che alcuni meccanismi che funzionavano dopo appena tre settimane di lavoro sono stati apparentemente dimenticati all’improvviso. E’ un po’ come quando all’università, pur avendo studiato parecchio, mi presentavo all’esame senza il “ripassino“ finale che metteva ordine e pulizia mentale. Puntualmente l’esame andava così così o addirittura male. La differenza sostanziale è però che il voto dell’esame si poteva rifiutare mentre i due punti di Palestrina se ne sono andati per sempre! Ora si riparte, con i piedi un po’ più incollati al terreno, e con l’obbligo di rimetterci in carreggiata per non dover fare in seguito corsa con il fiatone e soprattutto per lavorare, come piacerebbe a me, per trovarsi tra le mani qualcosa in prospettiva, ossia tra qualche mese, anziché dover lavorare per dover vincere a tutti i costi la partita successiva, cosa che spesso toglie coerenza e serenità alla programmazione di noi allenatori. Adesso arriva l’Ostuni, una squadra che un mesetto addietro ho indicato come una delle possibili outsider del campionato. Poco conta che abbia subito un stop interno anche perché è arrivato per mano di una big del campionato come Ferentino. Giocheremo a Favara e lasciamo il Nicosia con la malinconia di chi lascia la casa dove è nato e cresciuto ma con la curiosità di vedere se le 1500 persone che lo hanno assiepato si sciropperanno i 15 chilometri che dividono Agrigento da Favara. Intanto un’inaspettata risposta è arrivata proprio da Palestrina. Ha creato un certo stupore e grande piacere tra i ragazzi della squadra vedere dietro uno striscione biancoazzurro una trentina di persone che, organizzatesi autonomamente, ci hanno sostenuto durante e oltre il quarantesimo. Agrigento non è sicuramente ubicata in un angolo comodo dell’Italia. Non c’è un aeroporto, non ci sono treni veloci, non partono i traghetti per il “continente”. Chi vuole vedere la squadra non può associare la partita ad una “scampagnata” di piacere. Chi vuole vedere la squadra deve fare un sacrificio fisico ed economico. Così, pur perdendo sul campo, Agrigento, domenica, ha comunque un po’ vinto…
Luca Corpaci Fonte: FortitudoAgrigento.it