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Se c’è un personaggio che ha davvero poco bisogno di presentazioni è Antonello Riva. Il suo biglietto da visita è eloquente: miglior marcatore ogni epoca del campionato italiano, 2 coppe dei campioni, 1 europeo con la Nazionale nel 1983, 25 anni di carriera leggendaria.

 

Tante tappe tutte vincenti e da protagonista con le maglie di Cantù, Milano, Pesaro, Gorizia, Rieti ed ora la carriera da GM con la Prima Veroli che sta viaggiando in zona promozione in Legadue.

 



BASKETNET: Sei un monumento del nostro basket da oltre 30 anni, tutti ricordano i tuoi successi, forse pochi sanno come ti sei avvicinato allo sport che è diventata la tua grande passione.

RIVA: “La casualità ha giocato un ruolo determinante nella mia scelta. E’ accaduto tutto durante il periodo della scuola, ci avevano iscritto ai Giochi della Gioventù e dovevamo scegliere tra 3 discipline. In qualche modo l’opzione basket è stata quasi obbligata anche per via del mio fisico ma fino a quel momento non avevo mai visto il basket come uno sport così appassionante”.



BASKETNET: Mai scelta fu più propizia possiamo dire, la prima tappa della tua lunghissima carriera inizia da Cantù, e da un pulmino..

RIVA: “La mia prima “cessione” importante se così la possiamo definire è stata quella che ha visto protagonisti il parroco di Rovagnate ed il presidente Aldo Allievi. Avevo 14 anni e, per concludere l’affare il nostro parroco si accordò con Cantù che si impegnò a dare alla nostra parrocchia un pulmino (penso fosse un Wolkswagen)”.



BASKETNET: “Pulmino” che ti ha trasportato verso una serie di successi importanti ed una tappa fondamentale per la tua formazione, non solo cestistica.

RIVA: “Sono state stagioni per me straordinarie sotto tutti i punti di vista. Cantù ha da sempre un’organizzazione perfetta sia sotto il profilo umano che da quello della crescita dei giovani. La dirigenza canturina aveva capito sin da allora che bisognava puntare su un settore giovanile di grande spessore, provando nel contempo a fornire un’impostazione tecnica e salvaguardando l’aspetto degli studi e della crescita in altri ambiti non solo sportivi. Era impostata come un college americano in qualche modo, una scelta che con gli occhi di oggi potremmo dire più che lungimirante. Ho avuto maestri straordinari di tecnica ed anche umani come Pierluigi Marzorati. E’ stato lui ad introdurmi alla vita del professionista dandomi i consigli giusti, anticipandomi tutte quelle difficoltà che, in campo e fuori, sarebbero poi puntualmente arrivate”.



BASKETNET:Cantù significa trionfi: scudetto e coppa coppe nel 1981 e 2 coppe dei campioni consecutive gli anni successivi.

RIVA: “Nonostante Cantù fosse una piccola realtà della provincia italiana era abituata già da qualche anno a gestire con molta esperienza il palcoscenico che contava, anche e soprattutto quello internazionale. Negli anni ’70 infatti c’erano già stati trionfi europei (7 coppe intascate compresa l’intercontinentale del 1975 n.d.r.) ” e quindi non mancava l’abitudine ai grandi eventi. La consacrazione assoluta c’è stata con la vittoria in finale contro il Maccabi che ci ha dato la prima coppa campioni. A livello personale la partita però che mi ha dato la consapevolezza di poter giocare ad altissimo livello fu quella di gara 3 di semifinale contro Milano nel 1981(vinta dopo un drammatico supplementare n.d.r.). Mantenni una freddezza sorprendente, forse frutto di una trance agonistica, e feci molti canestri nei momenti importanti, una sensazione che mi trasmise una grande sicurezza nei miei mezzi ”.



 

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BASKETNET: L’anno successivo è quello del derby a Grenoble che vale una coppa dei campioni, partita che sembra vinta con 7 punti di vantaggio con poco più di 30 secondi eppure rischiate incredibilmente di perderla.

RIVA: “Fu una partita straordinariamente emozionante quella con Milano, una tensione pazzesca. Onestamente pensavamo di averla vinta più di una volta, prima con i 5 falli di Meneghin, poi il vantaggio che ci da sicurezza e poi il più 7 con pochi secondi da giocare. Li si è fermato qualcosa, forse anche colpa di un po’ di inesperienza di qualcuno di noi, penso anche al famoso “balletto” di Wally Bryant che era ancora una matricola all’epoca. Il Billy invece aveva sette vite e con quella 1-1-3-1 da incubo ci hanno mandato completamente in confusione. C’era D’Antoni che sembrava posseduto, a volte pensavi avesse 4 o 5 mani, era letteralmente dappertutto. Hanno avuto anche il pallone per vincere e per fortuna Franco Boselli ha messo sul ferro il tiro della vittoria, un tiro che se Franco ripete anche oggi 100 volte secondo me mette sempre a segno”.



BASKETNET:Anche se sul rimbalzo successivo decisiva fu la stoppata di Jim Brewer...

RIVA: “Brewer era un giocatore straordinario e fu determinante in quella finale: la stoppata su Gallinari è stata eccezionale per tempismo ed efficacia senza dimenticare però il suo carisma. Non era certamente un grande realizzatore, anzi, ma riuscì a mettere due canestri inusuali che ci diedero coraggio. Con la sua forza e la sua tecnica riuscì ad arginare il Billy che faceva dalla prepotenza e della furbizia sotto canestro uno dei suoi punti di forza.”.



BASKETNET:Giocatori straordinari ed esempi di grande spessore in campo e fuori, ma anche giocatori bizzarri ed estrosi che hanno attraversato la tua carriera.

RIVA:” Oltre a Jim Brewer ricordare con grande piacere un campione straordinario come Bob McAdoo. Un professionista esemplare, lo vedevi a volte che si allenava e sembrava davvero fisicamente vicino al capolinea. Poi invece in campo riusciva a tirare fuori tutta la sua esperienza e gestiva con grande intelligenza l’energia a disposizione, un giocatore leggendario ed una persona splendida. Se parliamo invece di bizzarrie, in campo e fuori, i due nomi che mi vengono immediatamente sono John Neumann e Tom Boswell. Erano incontrollabili molte volte per gli avversari ma altrettanto spesso per tutta la nostra squadra. Ricordo che la sera prima della finale di coppa coppe a Roma nel 1981 eravamo tutti a cena ma mancava Boswell. Sparito totalmente nel nulla, inutile dire che nessuno riusciva a trovarlo e nemmeno si aveva idea di dove fosse scappato. Ci volle tutta l’esperienza di Lello Morbelli che setacciò l'intera Roma per ripescarlo”.



BASKETNET: Morbelli, Bianchini, maestri di organizzazione, tecnica ed anche comunicazione.

RIVA: “Morbelli era il classico dirigente per cui oggi sarebbero forse necessarie tre persone. Presente sia come uomo di raccordo tra la società e le varie federazioni, che come grande esperto di relazioni nazionali ed internazionali oltre ad essere ottimo conoscitore anche del mercato. Bianchini era invece il maestro della comunicazione. Aveva inventato un modo completamente nuovo di rapportarsi con squadra e media. I suoi duelli verbali attraverso i giornali con Dan Peterson erano gustosi e di grande spessore. Negli spogliatoi aveva un modo del tutto particolare di incentivare e di generare le reazioni dei giocatori. Ricordo, nel mio caso, che una sera fui premiato da Cesare Rubini prima di una partita di campionato. Il primo tempo di quella gara lo disputai onestamente malissimo. Bianchini durante l’intervallo con molto sarcasmo mi disse parole irripetibili sulla qualità della mia gara e, soprattutto, su quello che avrei potuto farne di quel premio che avevo ricevuto continuando a giocare in quel modo indecente. Tornai in campo con una rabbia pazzesca e giocai un secondo tempo alla morte, con risultati molto più soddisfacenti”.



BASKETNET: Dopo aver raggiunto l'apice Cantù non riesce ad essere più ai vertici assoluti ed arriva per te la prova più difficile, l'infortunio al ginocchio del 1985.

RIVA: “Un momento di svolta assoluta della mia carriera, un episodio che non guardo in chiave completamente negativa, anzi. Sin dagli esordi ero stato considerato un giocatore atipico dal punto di vista fisico, mi chiamavano non a caso Nembo Kid per la mia corporatura ed esplosività, caratteristica insolita per i giocatori nel mio ruolo dell'epoca. Il lungo stop mi ha permesso di migliorarmi tecnicamente, cercare nuove soluzioni offensive, curare ancora di più i fondamentali, il passaggio, tutti fattori che mi hanno dato una mano a confermarmi ad alto livello anche quando il fisico subisce gradualmente un ovvio declino”.



BASKETNET: Dalla Brianza passi nei primi anni '90 all'acerrima rivale, proprio la Milano dei tanti derby, Olimpia di cui eri stato spesso l'incubo.

RIVA: “ Devo ammettere che avevo molta curiosità di capire come sarebbe stato questo trasferimento, Io ero uno dei simboli della Cantù delle tante battaglie con l'Olimpia, poteva immaginarmi anche un'accoglienza freddina. Invece sono stato trattato in modo principesco: la società, i compagni ed anche il pubblico biancorosso che fu davvero sorprendente per calore ed incitamento. L'unico grande rammarico è proprio quello di non essere riuscito a vincere quanto avrei desiderato. A parte la finale del 1991 persa con Caserta, ricordo un Nando Gentile che mise delle triple “insensate” in gara 5, ripenso alla stagione 1992/1993. Eravamo in un grande momento prima dei playoffs, in una forma strepitosa: Ci fermò l'infortunio ad Antonio Davis ed una rocambolesca sconfitta con Pesaro nei quarti. Questo non ci permise di entrare in Europa dalla porta principale e in qualche modo causò il ridimensionamento dei progetti per la stagione successiva”.



BASKETNET: Pesaro che è il tuo successivo approdo, per passare poi a Gorizia, il ritorno a Cantù e l'ultima stagione vincente con la maglia di Rieti.

RIVA: “ Con la maglia di Pesaro ho disputato penso due buone stagioni, ho ritrovato Bianchini con un gruppo di giocatori esperti e solidi come Dell'Agnello, Magnifico. Arrivammo sempre ai playoffs, ci fermammo al massimo ai quarti e molti sottovalutarono forse quei risultati. Di Gorizia ricordo invece i bellissimi derby dei playoffs con Trieste per salire in A2. Partite affascinanti, tifo incandescente e palazzi pieni, un'esperienza magnifica ed un campionato esaltante culminato con la nostra vittoria. Il ritorno a Cantù oltre a rappresentare un ritorno alle origini ha due momenti focali che ho scolpiti nella mia mente: il record di punti segnati in campionato e la prima partita giocata con mio figlio in campo. Il primo rappresentava la consacrazione di una carriera, il completamento di tanti sacrifici, il secondo, l'abbraccio in campo con mio figlio, un'emozione indescrivibile che supera davvero ogni successo sportivo, ripensandoci ancora oggi ho i brividi per la commozione. A Rieti c'è stata la chiusura con una grande impresa sportiva, un'altra promozione storica e li ho iniziato la mia carriera dirigenziale".



 

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BASKETNET: Ed a proposito di promozione come GM della Prima Veroli stai sentendo profumo di playoffs. Una Legadue tra l'altro che si sta dimostrando un campionato equilibrato ed avvincente con un buon successo di pubblico. Entusiasmo e coinvolgimento, emozioni in alcuni casi anche più intense rispetto serie maggiore.

RIVA: “ La cosa che mi ha insegnato proprio l'esperienza di Legadue è che devi sempre stare con i piedi per terra e che nulla si improvvisa. Ci vuole programmazione, pazienza di aspettare i risultati, vedi squadre magari anche con tanto talento faticare ma l'equilibrio che regna non ti consente tanti sbagli. Mi piace sottolineare che puoi ammirare nel nostro torneo mostri sacri come Myers e Fucka, che potrebbero dare ancora grandi contributi anche a squadre della massima serie, così come osservi ed apprezzi la crescita di giocatori italiani che hanno la possibilità di mettersi in grande evidenza ogni settimana. Una sorta insomma di lega di sviluppo che ti consente di lavorare su molti ragazzi futuribili e magari di pescare qualche straniero sorprendente. A Veroli abbiamo cercato di conservare il gruppo che aveva lavorato bene lo scorso anno provando a migliorarlo con qualche innesto di qualità. Purtroppo con l'infortunio di Robinson abbiamo dovuto rivedere i piani, un problema vero dopo che hai preparato un gruppo strutturato in un certo modo durante l'estate. Anche lo stop di Gatto, che è un veterano molto utile, ci ha danneggiato ma con l'arrivo di Gigena e attraverso l'ottimo lavoro che stiamo facendo cercheremo di dire la nostra. E' un torneo davvero equilibratissimo con almeno 5 o 6 squadre che possono arrivare sino in fondo, noi proveremo a restare in questo gruppo".


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