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E' due a zero nella serie per Caserta e Roma è con le spalle al muro. L'analisi tattica di una sfida che mette in mostra tutte le contraddizioni stagionali della Virtus ma che potrebbe non essere affatto chiusa come sembra

 



Prendete tutte le sensazioni più sgradevoli che vi vengono in mente e associatele alla Virtus: claustrofobia, soffocamento, annegamento.

Sono queste le condizioni emotive della capitale dopo le due gite perdenti a Caserta. E adesso che la Pepsi ha tre match ball consecutivi da sfruttare, non sono più nemmeno solo sensazioni: Roma è davvero con le spalle al muro, priva di ossigeno e con l'acqua alla gola. Non può più sbagliare, dopo avere sbagliato troppo.

Ovviamente il basket è lo sport più bello del mondo perché niente si improvviso e a tutto c'è una spiegazione. E gli ultimi 80 minuti della Lottomatica sono il puro distillato di tutto quanto è mancato nella stagione più balorda degli ultimi otto anni. In sintesi la mancanza di un leader, la cura dei possessi chiave, l'approssimazione nei fondamentali, la mancanza dei due americani decisivi e la cronica incapacità di vincere le partite con la difesa stanno dando a Sacripanti un vantaggio insperato. Perché è 2-0 Caserta, ma poteva tranquillamente essere il contrario e nessuno si sarebbe lamentato. Ancora, Roma con le spalle al muro non è un caso e non è sfortuna. Se non sei una squadra costruita con un criterio logico, non lo diventa solo perché sopra queste partite c'è scritto playoff. Se hai passato l'ultimo mese a decidere dove vincere e dove perdere per evitare la parte di tabellone di Siena, non puoi permetterti di accendere e spegnere la manopola dell'intensità a tuo piacimento. Perché quando ti serve di tenere aperto il gas, scopri che invece l'acceleratore è inceppato. E due partite che potevi vincere ti scivolano via dalle mani. Andiamo nel dettaglio.



- Approccio alla partita: finora è una serie che va a strappi. Caserta parte comunque meglio e ha un impatto migliore nei primi minuti del primo e del secondo tempo. Anche in gara due Roma ha rovinato la serata segnando 9 punti nel primo periodo e finendo a -16 nel terzo, prima di dare vita all'enorme parziale di 3-25 che l'ha portata avanti di sei. La Virtus è tignosa, con Boniciolli e come lo fu inizialmente con Gentile, non puoi mai pensare che sia spacciata ed è un dato contraddittorio perché si sposa con una mancanza di attenzione ai dettagli che di fatto vanifica il cuore che spende nelle sue rimonte. Il fattore campo da questo punto di vista può avere influito decisamente e potrebbe spostare gli orizzonti quando si va al Palaeur.



- Ma gli americani?: già, Roma è affondanta pur andando vicina a portarne a casa almeno una anche in assenza di Hutson e alle prese con l'affaire Jaaber. Il lungo, che doveva stare a riposo una decina di giorni, è fuori da un mese e il suo caso ingrossa il faldone degli infortunati Virtus che negli anni si sa quando vanno fuori ma si ignora quando ritornino in campo. L'esterno, dopo una partita e un tempo vergognosi, è stato punito da Boniciolli con panca integrale nel secondo tempo di gara due. Come è stato detto alla noia, l'urbe non può permettersi di regalare i due giocatori più importanti per il suo baricentro, anche se la stagione ha confermato che non sono due nomi ai quali chiedere di prendere per mano la squadra. Ma questo ha attinenza con quello che sarà più che con l'immediato, ormai. Adesso l'attenzione è su altri nomi: Winston silenziosamente si è preso in mano il reparto esterni anche se non è l'uomo dell'ultimo tiro, Washington nella prima sera in cui ha avuto fiducia dimostra che da lui si può avere un plus di energia e un attacco più verticale del canestro se non ancora percentuali decenti, Heytvelt in otto minuti ha fatto quasi meglio di Crosariol nel triplo del tempo ma anche commesso quattro falli sciocchi. Sono però due nomi che si devono spendere in gara tre, perché Roma riapre la serie solo se l'intensità dura fino alla sirena. Non ha qualità per giocarsela solo con pochi minuti di precisione.



- Trattamento di palla: guardate la fine del primo tempo di gara uno. Jaaber fa passi sulla rimessa dell'ultimo possesso, Gigli spende un fallo a fil di sirena che regala tre liberi a Jones. Guardate gli ultimi trenta secondi di gara due: Roma ha il possesso per vincerla, Winston è messo in isolamento come accadeva a Jaaber in passato, non ha una soluzione e la cede a Washington, che va a imbottigliarsi dentro tre maglie bianche in palleggio e la perde. Di là, due errori di Bowers in lunetta ma rimbalzo offensivo di Jones e quindi antisportivo subito da Di Bella che chiude la notte. Sono solo gli esempi più lampanti di quanto l'approssimazione di Roma nei momenti nevralgici sia costata in questa stagione e in questa serie. In questo, nella mentalità prima ancora che nel modo di usare le mani, l'avvento di Boniciolli non ha modificato la tendenza. Dare la colpa al coach è la conseguenza più immediata, ma non va dimenticato che prima di lui questa Virtus era in zona retrocessione. E che nonostante le correzioni, come tale molto spesso continua a giocare. Soprattutto quando la palla scotta.



- Statisticamente: è chiaro che il primo dato all'occhio è la pochezza di Roma dall'arco. 6/36 complessivo è solo la dimostrazione che a questa squadra manca uno specialista del tiro ed è da questo punto di vista che l'eclissi di Datome diventa più dolorosa. Rischiare di vincere non avendo nulla dall'arco e tirando con il 48% da due di media, dato che sta sotto l'accettabile, può anche essere letto come una buona notizia. E' anche vero al contrario che non capiterà di nuovo una partita in cui la Pepsi fa 17/32 ai liberi e ti permette di tornare in partita dal -16. Rimane che Roma ha invertito il trend di gara uno tornando a perdere 17 palloni contro 13 recuperi, problema spinoso che non si risolve in pochi giorni, e che la sua difesa ha concesso 24 assist in due partite. Troppi, visto che gara due è stata quella di Bowers e Ere, mentre la serie non è mai stata di Jaaber. E' anche una serie anomala sul piano dei rimbalzi: il corri e tira di Caserta spesso genera tiri dove non c'è posizione a rimbalzo e quindi extrapossessi da rimbalzo lungo. La superiorità in centimetri di Roma, e la sua scarsa vena dall'arco, permettono comunque 30 rimbalzi offensivi in due partite alla capitale.



- Gli italiani: che il progetto tricolore di Roma sia un fiasco non ha bisogno di questa serie per trovare dimostrazione. Posto che l'intensità di Gigli rimane positiva e che Vitali è ingiudicabile perché assente in gara due, contro la Virtus pesano enormemente le prestazioni di Datome e Crosariol. Il primo non ha l'impatto offensivo che il suo talento permetterebbe, il secondo è un insulto alla purezza del gioco e ha la sinistra tendenza a sbagliare sistematicamente ogni lettura difensiva, i tempi degli aiuti, più l'irritante atteggiamento di chi crede sempre in torto i compagni. Giocatore inutile per testa e mani, mai innescato nemmeno in pick'n'roll tranne due occasioni nelle quali ha prodotto cinque punti, e puntualmente punito da Michelori che invece è un fattore nella serie, anche in una serata in cui fa 3/9 dalla linea. E' l'unico lungo vero a dispozione di Sacripanti, che comunque in questa maniera sta vincendo la serie. L'altro italiano decisivo è stato Di Bella, sempre un passo d'anticipo rispetto a Giachetti, 19 punti con 9/11 ai liberi in gara due, 5 recuperi e 2 assist. In chiave italiana, fino a questo momento della serie, i giocatori decisivi nostrani non sono quelli che giocano a Roma.



- I due coach: Sacripanti batte Boniciolli, finora. Il coach di Caserta in due giorni ha sistemato l'assetto offensivo dei suoi, che aveva prodotto uno squilibrio di triple rispetto alla capacità di andare in vernice, e prodotto una serata efficace in percentuale da due. Ha avuto in Doornekamp un protagonista inatteso che invece è mancato a Roma. Ha chiesto e ottenuto più precisione nella gestione del pallone chiudendo con solo 13 perse, ha messo in mano la verticalità dell'attacco a Di Bella quando ha visto che Giachetti rimaneva in campo anche accanto a Washington. Il piano della Pepsi è lineare, Michelori diventa l'uomo da cavalcare venendo dalla panca per dare profondità dopo che gli esterni più Jones hanno aperto la scatola da lontano, senza Di Bella e con il terrificante Koszarek a portare palla c'è sempre un ritorno di Roma, che da parte propria subisce i parziali più pesanti quando in campo c'è Crosariol. E' vero che Caserta non sta facendo vedere il gioco anche spettacolare che aveva dato il secondo posto in rs, ma vincere due partite a punteggio basso per una squadra che finora aveva fatto bottino segnando molto può anche essere letto come un segnale di maturità, oltre che un'indicazione di come a Roma il risultato, continuando a giocare così, potrebbe essere diverso. Boniciolli finora non se l'è sentita di rinunciare a un lungo di riferimento anche quando la Pepsi in campo non ne ha avuti, per punire Jaaber ha permesso a Di Bella di incidere il secondo tempo anche quando era evidente che fosse l'uomo migliore per marcarlo sia pure nel suo momento peggiore della carriera romana, ha avuto molto da Washington e Heytvelt insieme ma ha scombinato l'assetto nel momento di massima vena dell'americano. L'impressione è che Sacripanti stia leggendo le partite adeguandosi agli adattamenti che la serie richiede, giocando sui limiti di Roma per mascherare le proprie debolezze, Boniciolli ha più talento e fisicità nel suo roster ma non ha prodotto quel cambio di ritmo che i playoff imponevano (ipoteticamente, perché realmente una squadra piena di contraddizioni non cambia faccia all'improvviso se non ne ha la possibilità, chimica e tecnica). E se è 2-0 nella serie è anche perché la zona di Roma non influisce che a tratti sull'armonia offensiva di Caserta, mentre il run and gun della Pepsi dimostra che almeno sul proprio campo può mandare in crisi la capitale.



- Le prospettive: 2-0 per molti vuol dire serie finita. Sicuro che è profondamente compromessa, ma è facile che una volta al Palaeur l'inerzia cambi. Lontana dai propri ferri e dalla propria gente (anche se molti casertani in tribuna ci saranno e a Roma la voglia di sostenere questa squadra è ai minimi termini). la Pepsi può cambiare volto facilmente come già successo in regular season, quando fu asfaltata velocemente. Giocare sapendo di avere tre cartucce a disposizione per chiuderla mette tranquillità ai campani, che proveranno a scappare nei primi minuti ma non è detto che riescano a tenere il passo se invece sarà a Roma a battere un colpo emotivo e di intensità per provare a girare la serie. Se Jaaber si ricorda che è nel raccordo anulare per fare pallacanestro e non solo per scrivere poesie, se Winston e Washington possono dare buoni frutti insieme, se Datome è appena più efficace e convinto del proprio tiro in attacco, gara tre può avere un sapore diverso e improvvisamente più dolce rispetto alle prime due partite. L'aspetto interessante di questo quarto di finale è che queste non sono due squadre tipicamente da playoff: Caserta corre e tira troppo e per questo non è capace di gestire i suoi vantaggi, Roma ha attitudine inesistente nell'adeguarsi al sistema offensivo che ha davanti e concede sempre un buon tiro quando non dovrebbe. Ecco perché le partite che nella post season si vincono a metà campo, in questa serie si vincono altrove. Ed ecco perché un 2-0 potenzialmente incontrovertibile potrebbe trascinarsi invece in una battaglia più lunga, dove non è esclusa la possibilità più estrema, una soluzione in cinque partite nella quale il fattore campo viene sempre rispettato. Nell'attesa, rimangono claustrofobia, soffocamento e annegamento. Se Roma sbaglia di nuovo, è 3-0 e sweep, come non succedeva dal 2003-04 contro la Fortitudo. E due eliminazioni consecutive ai quarti non si vedono proprio da quel periodo. Se dovesse succedere, se Roma dovesse uscire definitivamente dalle prime quattro potenze del campionato, gli scenari estivi potrebbero essere davvero imprevedibili. E non è detto che sia per forza di cose un male.