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Domenica scorsa la Gazzetta dello Sport ha ospitato, nella rubrica “Lettere alla Gazzetta”, una lettera di Marco Faenzi dirigente della Fides Pallacanestro Montevarchi con la quale ha reso nota l’odissea subita dalla sua squadra a seguito delle vicende che hanno interessato la pallacanestro italiana sfociate nella clamorosa inchiesta della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, nota come “Baskettopoli”.

 

 



Faenzi non soltanto ha ricordato con orgoglio il percorso sportivo della Fides che in cinque anni riuscì a conquistare due promozioni, fino a raggiungere il traguardo della Serie B2 dove ha militato per 13 anni. Un risultato che il dirigente definisce, a giusta ragione, “eccellente per una realtà di provincia”. Ma ha reso testimonianza diretta anche dell’esperienza vissuta in quei tredici anni: “squadre promosse con titoli sportivi comprati, società fallite per l’impossibilità di pagare stipendi principeschi e rifiorire sotto altri nomi, giocatori pagati con stipendi pari all’intero baget della Fides, società nate e sparite dopo una sola stagione”.

 

Tutto citato per sottolineare il prestigio del percorso sportivo della sua società che è stato bruscamente interrotto da “Baskettopoli”.

 

Accadde, infatti, che i magistrati calabresi accertarono che durante i play-off garadue tra Cecina e Fides Montevarchi, della stagione 2007-2008, fu oggetto di truffa perché sarebbe stata favorita dagli arbitri la squadra di Cecina.

 

 

Faenzi ricorda che la vicenda segnò la retrocessione della sua squadra con la conseguente perdita dello sponsor principale.

 



Fin qui, succintamente, la storia di un disastro sportivo.

 

Dopo il dirigente sportivo si addentra in una considerazione che interessa la Federazione e il suo consolidato modo di agire.

“Da allora – scrive Faenzi - sto conducendo una battaglia affinché la Fides Montevarchi venga risarcita dei danni sportivi (la retrocessione), materiali (perdita dello sponsor) e morali (i valori dello sport traditi), ma ogni richiesta si infrange contro un muro di gomma: nessuno presta ascolto. Ho scritto almeno dieci lettere al presidente Meneghin, ma senza ottenere risposte”.

 

E annuncia:

“Non intendo rassegnarmi a questa ingiustizia, credo davvero nei valori fondanti dello sport sia come dirigente che come sportivo praticante, penso che la Federbasket abbia come primo compito proprio quello di difendere questi valori che rappresentano, tra l’altro, il vero e unico motivo per il quale alcuni appassionati si prendono una responsabilità grande come è quella di dirigere una società sportiva che fa attività giovanile e sociale. Nessun compenso per noi, se non la soddisfazione di veder crescere nel migliore dei modi ragazzi che attraverso lo sport realizzano la parte migliore di sé stessi e tutto questo senza neanche il supporto di una Federazione che si dimostra sempre di più ingiusta e lontana dalla base”.

 



Che dire? La lettera si commenta da sola. Una semplice considerazione: ci sembra inaccettabile il mancato riscontro alle lettere da parte della Federazione. Non rispondere sembra sia una scelta. Ma è un sistema inaccettabile sia sotto l’aspetto sostanziale, perché non si può ritenere di eludere i problemi con il silenzio, che considerato nella sua parte formale, perché ci sembra, a dir poco, ineducato.

 

Attilio Giglio