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Valerio Amoroso non è questo. E' lui il primo a dirlo nel momento più complicato della sua carriera, in cui non riesce a dare quello che ha dentro, quello che vorrebbe, pur essendo il solito esempio di generosità.

Ma conta di sbloccarsi perché la Virtus è la sua grande occasione e anche la sua scommessa. Ha un'età in cui è cosciente che non avrà un'opportunità migliore e soffre perché è questo che fanno i combattenti quando non riescono a lottare come vorrebbero.

Amoroso dà energia, difende, si sbatte, urla e soffre. Ma non fa canestro. Ed è il suo cruccio maggiore.

Amoroso, cosa succede?

“E' un periodo particolare, faccio fatica e non riesco a giocare come vorrei. Ho perso anche un pò di fiducia nel tiro. Però ci lavoro e conto di sbloccarmi perché non mi è mai capitato di giocare così. In serie A sono sempre stato un giocatore continuo, uno che meno di 10 punti di media non ti dà mai. E' stato così a Montegranaro. A Teramo. Per cinque anni di fila. Non sono questo giocatore, vorrei fosse chiaro. Penso che il cambio di ruolo mi abbia creato qualche difficoltà, poi ho perso sicurezza e tutto è andato peggio, ma non sono uno che molla”.

Si dice: Amoroso tira troppo da tre e viene usato troppo poco in post basso dove ha sempre fatto le cose migliori.

“Il problema è che l'area è sempre intasata perché abbiamo un centro di posizione come Jared Homan e lì non ci sono spazi, così sono costretto ad essere più perimetrale. Ho sempre giocato in un altro modo, da ala forte fissa, così ho dovuto adattarmi ad un ruolo diverso, ad un modo di giocare e stare in campo. Così ho pensato ad essere utile alla squadra dedicandomi ad altre cose, a difendere, fare blocchi, dare una mano a rimbalzo. Non riesco a fare le mie cose, ne faccio altre. Sì, ho scelto di sacrificarmi per il bene della squadra”.

E' andata diversamente da come se l'aspettava quest'esperienza bolognese?

“La mia carriera non ha seguito un percorso scontato. Vengo dalla serie B, ho fatto anche un anno in C2 e arrivato a 30 anni il mio obiettivo era giocare in una grande squadra, con compagni di qualità superiore, in un ambiente ambizioso. Tutto questo me l’ha dato la Virtus, quindi non sono pentito. Sono contento. Mi aspettavo però di giocare nel mio ruolo, di non dover cambiare pelle a 30 anni. Purtroppo è andata così, non sempre va tutto come lo si sceglie o lo si programma. All'inizio ho sofferto, poi ho capito che dovevo adattarmi io, per mettere la squadra davanti a tutto”.

Significa che a fine anno dovrà parlare bene del futuro?

“Ho un altro anno di contratto, un'opzione sul terzo. Da parte mia, per quel che conta, non ci sono problemi. Io a Bologna sto bene e alla Virtus benissimo. Non mi sto lamentando, solo raccontando cos'è successo”.

Che idea ha della stagione della Virtus, perché nessuno capisce se stiate andando bene o male?

“Partiamo da un dato di fatto: siamo quarti e se tenessimo la posizione alla fine sarebbe un grande risultato. Però abbiamo avuto diversi passaggi a vuoto e quindi qualche volta la sensazione è che le cosa vadano male. Io dico che avremmo potuto fare di più, anche molto di più. Ad un certo punto abbiamo trovato un buon equilibrio, abbiamo capito quali erano i tiri da prendere e difendevamo tutti allo stesso modo. Avevamo imparato a conoscerci bene. Poi è arrivata la sosta e ci siamo inceppati contro Varese. Peccato. Però a Treviso nonostante la sconfitta avremmo meritato di vincere. Quella è stata la partita della ripresa: siamo stati sfortunati ed eravamo senza Poeta e Homan”.

E' più diffìcile fare basket a Bologna dove ogni partita viene analizzata, vivisezionata, discussa?

“E' normale che se a seguirti sono 8000 spettatori tutti poi parlino di come hai giocato. Questo è un pubblico che ha visto una squadra di livello estremo e quindi se fai il confronto con le vittorie del passato è normale che se ne esca male. Nessuno è paragonabile alla Virtus di una volta. Ma qui il pubblico è competente e parla. Qualche volta può essere scomodo ma significa che sei seguito e per chi fa basket non c'è niente di meglio”.

 

Lo ammette con onestà, senza cercare scuse.



“Non sono questo”, dice con un filo di voce.