STORIA

Citando l’enciclopedia del web, al secolo Wikipedia, il nome MACCABI viene utilizzato per far riferimento al singolo appartenente Maccabei, storicamente simbolo ebraico di coraggio, successo e vittoria. E con questa premessa come non si può pensare alla prima squadra israeliana che nel 1977 alzò la Coppa dei Campioni a Belgrado, annichilendo i detentori del Trofeo, l’allora Mobilgirgi Varese, portando letteralmente alle stelle un popolo ed una Nazione intera al rientro in patria al Ben Gurion ?

Da allora tanta gloria e tanto successo sul vessillo giallo azzurro ma soprattutto la consapevolezza di non essere soltanto un club di una disciplina sportiva, bensì un nome che identifica una specifica moltitudine politica, sociale e religiosa sparsa in tutta il mondo e che si stringe attorno a questi colori sempre, ovunque essa giochi. E questa diversa liturgia che caratterizza il popolo ebraico sin da quella fatidica data della primavera del 1977 con relativa, prima, storica vittoria nella massima competizione continentale, bissata poi 4 anni dopo nel 1981 e sempre ai danni di una squadra italiana, la Virtus Bologna anch’essa matata di un solo punto a Strasburgo, ne ha segnato anche il proscenio sportivo agli occhi del mondo. Un “miracolo” alla greca se vogliamo dirla tutta, con la differenza che la nazionale israeliana non ha ancora mai raggiunto i vertici dell’optimum mondiale come invece quello ellenico. Ecco, se volessimo trovare un difetto a questa corazzata del basket europeo e mondiale, questo è sicuramente quello più sonante, il non sfruttato questa passione e queste vittorie senza aver trascinato con sé anche un movimento in termini di talenti che siano stati in grado d’issare sul podio internazionale la nazionale. Ma attenzione, il Maccabi di Tel Aviv iscrive nell’albo del basket continentale giocatori d’indubbio valore e carisma che hanno indossato la casacca gialloazzurra: dal leggendario primo capitano delle prime coppe sollevate al cielo, Miki  Berkowitz, a Tal Brody; da Motti Aroesti a Kevin Magee; da Doron Jamchy ad Earl Williams e Aulcie Perry e, negli anni più vicini a noi gente Derrick Sharp, Sarunas Jasikevièius, Anthony Parker e Nikola Vujcic: giocatori insomma che appartengono all'elite del di tutti i tempi grandi del basket europeo. E basta guardare la bacheca del club per capire di cosa stiamo parlando: 48 titoli nazionali, 38 coppe d’Israele, 4 titoli europei ed 1 Suproleague. Nient’altro d’aggiungere.



Ritornando ai nostri giorni, questo Maccabi fa paura in vista delle Final Four d’inizio maggio. Dominatore della Resular Season di Euroleague in senso assoluto con una sola sconfitta nella fase di qualificazione, sconfitta subita all’esordio proprio da quel Caja Laboral che verrà eliminato poi nei playoff, ha fatto seguito una Top 16 altalenante dove la doppia sconfitta contro il Barcellona ha provocato mugugni e sospetti nello spogliatoio, mugugni e malumori confermati dall’ininfluente sconfitta di Roma nella giornata conclusiva delle Top 16 ma con un David Blatt così furioso per il comportamento remissivo e poco deciso durante la gara dei suoi da non presentarsi addirittura in sala stampa nel dopogara. Ma il capolavoro tattico messo in mostra nei playoff contro il Caja Laboral Vitoria, soprattutto nella basilare gara 2 in terra basca, ha scacciato di colpo malesseri e sguardi ruvidi allo specchio, restituendo una regina al suo regno naturale. Il titolo manca dal 2005 ed a Tel Aviv sognano il colpaccio a Barcellona anche perché l’assenza dei padroni di casa, inutile nasconderlo, mette dinanzi al club di David Blatt una ghiotta occasione per confermare quanto di buono fatto vedere durante tutto l’arco della stagione, Top 16 a parte.



ROSTER



4 – Jeremy Pargo (play-guardia, 187 cm, 1986. 13 punti, 3.5 rimbalzi, 3.9 assist in 29.21 minuti. USA). Indubbiamente la più bella sorpresa di questo Maccabi 2011-11 ed è il giocatore forse più “curiosamente” atteso a Barcellona. Arrivato direttamente da Gonzaga University nel 2009 dopo 4 stagioni in crescendo, caratterizzatosi per i punti e per gli assist al college (addirittura 6 assist di media a gara nel 2007-08), approda alla neonata Hapoel Galil Elyon (società nata nel 2008 dalla fusione dell’Hapole Gilboa e dell’Hapoel Galil Elyon), ed impressiona fortemente i dirigenti del Maccabi vincendo l’anno scorso il campionato nazionale, spingendoli ad ingaggiarlo . Indole mite fuori dal campo ma determinatissimo sul parquet, nominato come il West Coast Conference's Player dell’anno 2008 e nel 2009, è stato sulla copertina di Sports Illustrated per la March Madness dello stesso anno. Fratello minore dell’NBA Jannero Pargo (ex-Bulls, Lakers e Raptors), giocatore di testa e di fisico nonostante l’altezza non eccelsa, è divenuto ben presto uno degli idoli della Nokia Arena, soprattutto dopo aver sgretolato quasi da solo il Caja Laboral Vitoria in gara 4, quella decisiva per approdare a Barcellona, con una prestazione al limite della perfezione: carrier high di 26 punti, condita anche da 6 assist. Spettacolare ed incisivo nel possesso di palla, è impressionante quanto possa saltare quando deve sbattere la sfera nel cesto avversario: clamorosa la sua schiacciata in Regular Season di Euroleague in casa del Lietuvos con l’arresto ad un tempo e relativo stacco aereo che parte quasi a metà del pitturato, eludendo contemporaneamente del tutto il malcapitato Valanciunas, ed i 3,6 rimbalzi in media a gara lo confermano.

 

5 – Richard Hendrix (centro, 203 cm, 1986. 5.1 punti con 54%, 4.9 rimbalzi, in 11.57 minuti. USA). Se Pargo è stata la scintillante novità ed il prospetto più intrigante del Maccabi per queste F4 di Barcellona, non si può certo dire lo stesso di Richard Hendrix. Arrivato dal campionato spagnolo con grandi numeri collezionati nel Granada nella stagione scorso (13.1 punti a partita, 6.9 rimbalzi, il 5 ° in campionato, 1.4, il 3 ° in campionato, e 65,2% da due, 5 ° in campionato, il tutto per una media di 26 minuti di un gioco nell’ACB), e proveniente anch’egli dal college, è stato il punto interrogativo del settore lunghi per tutta l’annata, addirittura scalzato da Big Sofo Schortsanitis che è stato per la squadra il Grande Carro da osservare nel buio della notte stellata per cercare la rotta. Incredibile se si pensa che, sempre nell’ACB, aveva vinto il titolo come rivelazione dell’anno, titolo vinto anche da giocatori come Ricky Rubio o Mirzea Teletovic. Scelto del draft NBA al 49° posto per Golden State nel 2008, a Tel Aviv sono ancora pronti a giurare che la sua forza, le sue lunghe braccia che comunque han viaggiato a quasi 5 rimbalzi a partita e le sue mani, educate e sensibili, non possano essersi rattrappite d’un colpo e puntano su di lui ancora. Chissà che riannusando l’aria della Spagna non possa tirar fuori il suo meglio.

 

6 – Derrick Sharp (guardia, 183 cm, 1971. Israele). E’ al tempo stesso la storia ed il carisma del club, nonché il capitano di mille battaglie. Quindici anni in maglia giallo azzurra, vincitore degli ultimi 3 trofei europei che brillano in bacheca (2001 in SuproLeague, 2004 e 2005 in Euroleague), ha collezionato solo 1 minuto e mezzo in questa stagione ma il suo valore, la sua esperienza da trasferire a tutti i compagni più giovani non si può ridurre a meri numeri statistici. Un amuleto ormai da portare in panchina per David Blatt, quasi un allenatore aggiunto perché chi lo conosce bene è pronto a giurare che quella sarà la sua futura e più fulgida carriera.

 

7 – David Blu (ala, 201 cm, 1980. 8.6 punti con 42.9% da 3, 3.1 rimbalzi, 21.57 minuti. Israele). L’uomo del destino, colui che faceva già parte di quel glorioso Maccabi vincente in Eurolega edizione 2003-04 nell’indimenticabile cornice delle Final Four nella Nokia Arena, al cospetto di ben 10.747 spettatori ebbri di gioia e di felicità per aver riportato il titolo più prestigioso ben 23 anni dopo l’ultimo trionfo di Strasburgo, massacrando la Fortitudo Bologna di Jasmin Repesa per 118-74, collezionando diversi record quel 1° Maggio del 2004. Una serata che lo consacrò come stella di prima grandezza nel panorama europeo, un cecchino da 20 punti grazie ad un devastante ¾ sia da due che da tre, e con una prospettiva di grande crescita. Figlio di gente benestante americana, uscito dall’Università del Sud della California, David ha avuto la carriera forse segnata da quella magica vittoria. Dopo di essa infatti, tentativo a vuoto in NBA a Sacramento, fuga poi in Russia al cospetto di David Blatt per poi approdare alla Benetton di Ettore Messina nel 2005: buon rendimento ma Ettore lo boccia. Approda allora a Bologna per la doppia parentesi bolognese sia sotto la Torre degli Asinelli che sotto la Garisenda. Con la Virtus, appena promossa in Lega A con Markovski, un torneo da leader con numeri strabilianti sino all’infortunio che fa perdere i playoffs alle V Nere. Il “tradimento” poi per i cugini, una stagione poco esaltante ed il rientro in patria, indossando quella maglia che veramente gli ha dato vittorie autentiche e gloria. E ci riprova adesso, a rivincere l’Eurolega, con la maturità che 6 anni fa non aveva e sperando che la continuità possa finalmente posarsi sulle sue braccia.

 

8 – Lior Eliyahu (ala-centro, 207 cm, 1985. 11.3 punti con 61.9 da 2, 3.9 rimbalzi, 21.39 minuti, Israele) Probabilmente il miglior talento ed il pezzo più pregiato del movimento israeliano, la vera punta di diamante del team gestito da David Blatt, anch’egli rientrato in patria come Bluthental dopo però una sola parentesi per lui durata un anno tra le fila degli antagonisti giurati degli ultimi dieci anni, i baschi del Vitoria. Quest’anno un rendimento costante senza troppe sbavature ma anche senza troppe scintille, la sfera affidata a lui come se fosse oramai, nonostante l’ancor giovane età, la certezza del possesso importante affidato alle sue movenze sotto il ferro avversario. Un vero punto interrogativo per chi lo deve contenere perché i suoi 207 cm se li porta a spasso con la naturalezza di un giocatore più basso di almeno 40 cm, lo dimostra il 61,9% da dentro l’arco, a dirla tutta neanche il massimo per un giocatore che nella stagione europea 2008-09 sfoderò un incredibile 65,9% ! Se il Maccabi vuole la finale, molto dipenderà da lui.

 

9 – Yaniv Green (centro, 206 cm, 1980. 3.1 punti, 2 rimbalzi, 7.44 minuti. Israele) Uno della vecchia guardia, dopo Derrick Sharp, è alla sua sesta stagione a Tel Aviv. Vincitore del titolo contro il TAU Vitoria in finale nel 2005, ha sempre rappresentato l’emblema del duro lavoro, del sacrificio e della dedizione premiato alla fine con le soddisfazioni che solo questo modo di vivere può dare nella vita e nello sport. Medaglia d’argento agli europei Under 20 del 2000, colonna portante per tutto il decennio scorso della nazionale israeliana, Yaniv è amato dal proprio pubblico perché combatte e lotta sempre, in ogni situazione e contro ogni giocatore che il coach gl’indica di limitare. Incerta la sua presenza a causa di un brutto infortunio che lo ha bloccato per tutte le Top 16 e per tutta la durata dei playoffs contro Vitoria.

 

10 – Guy Pnini (guardia-ala, 201 cm, 1983. 6.8 punti, 45% da 3, 18.27 minuti, Israele) Mai lasciargli il tiro da fuori con i piedi a terra perché Ti punisce. La percentuale che lo caratterizza è un eccellente 45% dalla lunga che consiglia il difensore che se ne prende cura a non distrarsi troppo, pena l’essere infilzato senza pietà. Coach Blatt lo ha spesso impiegato quando era necessario imprimere l’accellerazione definitiva alla gara e mettere al riparo il punteggio. Dotato di ottima tecnica ma forse poco rapido di gambe, questo ennesimo prodotto del vivaio israeliano viene dalla storica fucina di tiratori in maglia gialloazzurra e sta aspettando queste Final Four di Barcellona con la giusta voglia di chi non vuole farsi scappare questa occasione. Secondo Blatt ha ampli margini di miglioramento se cerca di portare il suo raggio di pericolosità più vicino al canestro ma tutto sommato, considerando che non è più un giovincello, va bene così.

 

11 – Tal Burnstein (guardia, 198 cm, 1980. 4 punti, 48.9% da 2, 1,1 assist, 13.16 minuti, Israele) Altro dioscuro arrivato alla sua decima stagione a Tel Aviv. Vincitore della Suproleague nel 2001 e dei due titoli consecutivi nel 2004 e 2005, è la vera anima della squadra con Derrick Sharp. Secondo Pini Gershon, l’ultimo coach in maglia giallo azzurra ad aver sollevato la Coppa nel 2005, a lui puoi chiedere di marcare chiunque in campo anzi, più il compito è difficile e più Tal s’esalta. Non ha paura di niente di nessuno e la sua presenza serve a segnalare che bisogna piegare le gambe di più in difesa e, se occorre, far sentire anche i chili a rimbalzo, magari usando anche i gomiti. Ma quando la palla è in mano a lui non è così maleducato da non trattare a dovere il cuoio. Carattere, cuore e grinta, ma non solo.

 

12 – Sean Labanowski (ala, 202 cm., 1992. Israele) E’ il pulcino più brillante della covata, a referto contro il Caja Laboral il 31 marzo scorso e basta. Di lui si dice un gran bene. Rapido, deciso e grintoso, è gia un leader nella Nazionale Under 18.

 

13 – Chuck Eidson (play-guardia, 202 cm, 1980. 8.9 punti, 3.8 assist e 4 rimbalzi, 29.02 minuti. USA) Charles Patrick Eidson jr., così risulta all’anagrafe, sentiva il bisogno di arrivare a queste benedette Final Four di Barcellona in questa seconda stagione col Maccabi. Nominato MVP in Eurocup nella stagione 2008-09 quando indossava la casacca del Lietuvos di Rytas, giocatore dalla rara intelligenza cestistica, questo non più giovanissimo ex-ragazzo di Summerville ha forse giocato quest’anno la migliore stagione europea, non in termini di punti bensì di sostanza, di testa e di cuore. Assieme al giovanissimo Pargo ed al rinato Perkins, è stato l’asse portante del sistema di David Blatt e, senza strafare, è assurto ai fasti della cronaca sempre per la lucidità delle sue giocate e per le letture delle difese avversarie, mortificate dal suo estro cestistico. E, come se non bastasse, ha anche migliorato nettamente l’intensità della sua difesa, innescando poi in contropiede bee-beep Pargo per la disperazione degli avversari. La stagione della completezza e della consacrazione quindi per questo ragioniere del basket, un ruolo ed un modo di giocare che a volte sembra non piacere alle masse ma che, alla fine, porta con se anche qualche vittoria eppoi, alzi la mano chi non lo vorrebbe nella sua di squadra!

 

14 – Milan Macvan (ala-centro, 206 cm, 1989. 3.9 punti, 1.4 rimbalzi, 8.57 minuti. Serbia) Un prospetto che piace molto alla dirigenza del Maccabi, questo giovane serbo. Messosi in evidenza l’anno scorso nella Lega Serba con una media di 14,3 punti a partita e 6.5 rimbalzi, è un giocatore apparentemente molto duro, tosto, dotato però anche di ottime mani e buonissimo passatore. La sua prima stagione a Tel Aviv non si può dire sia andata poi così male con l’ingresso tra le magnifiche 4 di Barcellona. Ovviamente ha pagato l’inesperienza a certi livelli in Eurolega ma tutti nella capitale israeliana giurano sulle sue capacità, che ben presto verranno fuori, a continuare la tradizione dei lunghi della ex federazione jugoslava.

 

15 – Doron Perkins (guardia-play, 189 cm, 1989. 9.5 punti, 5,4 rimbalzi, 3,6 assist. 29.16. USA) Se Jeremy Pargo è stata la suprema sorpresa di questo Maccabi, Doron Perkins ne è stato il degno alter-ego. Letteralmente rinato, un altro giocatore rispetto al confusionario e quasi cervellotico attore visto all’opera sul proscenio europeo l’anno scorso, al punto che molti addetti ai lavori si domandavano se fosse stato intelligente insistere ancora con lui e su di lui. Evidentemente Perkins ha voluto far vedere che forse, l’annata 2009-10, era solo una stagione d’assestamento ed ora per lui si parla di ingaggi milionari, di futuro dorato in perfetto stile NBA. Lui gongola, come i tifosi del Maccabi, che finalmente han visto sbocciare tutto il suo talento tecnico ma anche fisico ed atletico: numeri alla mano è il miglior rimbalzista della squadra ! Ma come ben san tutti, prendere più rimbalzi non significa essere il più alto o il più svelto, significa “sentire” la pallacanestro, capirne gli spostamenti sul parquet e prevedere dove la palla vada ad abbattersi sul ferro o sul vetro, dopodicchè se ci pensate bene non è così difficile catturare un rimbalzo. Doron questo lo sa e lo ha fatto vedere ma, sottolinea Blatt, senza mai aver trascurato la palestra alla fine della stagione scorsa e durante lo svolgimento di quella in corso: come sempre, alla fine della fiera, il lavoro paga, e bene pure

 
21 – Sofoklis Schortsanitis (centro, 206 cm, 1986. 12.3 punti, 58.3% da 2, 4.3 rimbalzi, 2.1 stoppate. Grecia) Il miglior marcatore della squadra è Big Sofo, la versione europea di Darryl Dawkins, l’indimenticato ex-centro dei Nets ma anche dell’Olimpia Milano fine anni ’90. Diciamolo senza ipocrisie, alzi la mano questa estate chi avrebbe mai pensato che il piccolo elefantino greco-americano potesse essere l’autore di un simile capolavoro, dopo aver diciamo “fallito” all’Olympiacos. Per tutta la stagione è stato un vero faro, un indiscusso punto di riferimento per tutto il gioco, offensivo e non, del Maccabi ma, soprattutto, ha smentito chi dicesse che si trattasse solo di un mezzo fenomeno da baraccone. Lui, in silenzio, ha lavorato, ci ha messo tutto quanto poteva metter dentro ed eccolo qui, quasi quasi ad essere anche l’MVP potenziale del torneo. Forse sarà prevedibile, certo, ma non si può disconoscere che a volte il basket è meno complicato di quanto lo si voglia dipingere e che Big Sofo ne incarna forse l’essenza della semplicità, senza svolazzi ma con tanta, tanta concretezza.

 

Fabrizio Noto