Grazie alla ondata di entusiasmo suscitata da Carnesecca e dai citati colleghi americani, inizia una nuova ondata migratoria… sono i primi viaggi di allenatori italiani, che fanno quasi sempre tappa a New YorkCity, dove Lou Carnesecca affida gli amici italiani ad un vecchio sapiente e dinamico Coach di Brooklyn, di nome Red Sarachek, famoso non solo per la esperienza cestistica, ma anche per il suo sport-shop di Flatbush Avenue a Brooklyn, dove i coaches italiani sono sempre stati accolti con entusiasmo.
Altri Italian Coaches continuano i viaggi esplorativi: qualcuno della serie A si avventurava per catturare il giocatore giusto da immettere nello “spaghetti – circuit”, perché - all’epoca - di procuratori certo non si parlava.
Altri ancora viaggiano per trafugare notizie tecniche, osservando diligentemente allenamenti, camps estivi, filmando in superotto, e quasi elemosinando appunti, fotocopie ed acquistare alla Prentice-Hall libri di basket….Ragazzi non c’erano dvd, dvx, cellulari, videocamere o fotocamere digitali, internet, smartphone. Non c’era neppure la teleselezione internazionale, per cui dovevi passare tramite un “operator” con il quale il più delle volte non ti capivi.
Tutto era una conquista personale, dove ciascuno di noi si sentiva Indiana Jones alla ricerca dell’arca…no perduto.
Ed è proprio nel lungo periodo che sta a cavallo tra la fine degli anni ‘60 e gli anni ’70 e ’80, che si vede lo sviluppo e la conoscenza che i grandi coaches Americani hanno portato alla tecnica e alla tattica del gioco del basket.
Facendo ammenda per tutti quelli che dimenticherò, voglio citarne alcuni in ordine sparso.
E’ giusto ricordare Clair Bee, inventore della zona 1-3-1 nonché scrittore di oltre 80 libri per i ragazzi, da me conosciuto al Kutsher Camp di Monticello,NY, che si era dovuto ritirare dall’NCAA pagando pesantemente e personalmente per uno scandalo per corruzione di due suoi giocatori di Long Island University, di cui lui non sapeva nulla.
John Wooden, il più famoso allenatore di sempre, con il suo mega-ciclo di vittorie con i Bruins ad UCLA, ancor oggi 98enne conferenziere apprezzato e conteso dalle maggiori istituzioni, enti ed industrie, e non solo per i dieci titoli NCAA, vinti in 12 anni: a UCLA rimane il primato di imbattibilità del campo con 88 vittorie consecutive sul campo di Los Angeles. Il Coach John Wooden va legato al nome di: Kareem Abdul Jabbar, Bill Walton, Jamaal Wilkes, Sidney Wicks, Swen Nater, Henry Bibby, C.Rowe, solo per citarne alcuni.
Adolf Rupp, il barone, di Kentucky University, coach delle Olimpiadi di Londra 1948, citato anche dal film “Glory Road”.
Hank Iba, famoso per aver perso in maniera rocambolesca l’Olimpiade a Monaco nel 1972 contro l’Urss negli interminabili ultimi tre secondi, ripetuti e rimescolati più volte da un commissario FIBA non proprio limpidissimo.
Pete Newell, raffinato perfezionatore di fondamentali individuali per una moltitudine di giocatori professionisti NBA nel suo camp estivo, specializzato per ruoli.
Dean Smith di North Carolina, inventore dei “quattro angoli” e del “T-game” contro la zona, odiatissimo dagli avversari sportivi, fossero essi colleghi e giocatori, al punto che egli veniva indicato con l’espressione in codice: ”Everybody but not him!” cioè “Vincano tutti tranne lui”. Dean Smith ha guidato anche la squadra Usa nelle Olimpiadi di Montreal del 1976.
Bobby Knight , uscito da West Point ed arruolato successivamente da Indiana, padre della difesa “help and recover”, aiuto e recupero (inizialmente poco o molto copiata dal Coach Al Lo Balbo) e fondatore del moderno “passing-game” o “motion-offense” che dir si voglia. Sono leggendarie le sue discussioni, ma anche le sue risse con addetti ai lavori e non, dovute al carattere burbero e rude, certo non così raffinato come le sue conoscenze tecniche o tattiche. Coach Knight ha trionfato alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984 con tali Pat Ewing e un acerbo Michael Jordan.