VEROLIAndrea Trinchieri si confessa. A poche ore dall’eliminazione dai playoff che ha infranto il sogno Serie A della Prima Veroli, il coach giallorosso si concede in una lunga intervista a 360° sulla (splendida) stagione appena conclusa e sul futuro della squadra.

E sul suo di futuro, che ora diventerà il tormentone principe delle prossime settimane.

 



Andrea, nella serie contro l’Harem Scafati avete buttato il cuore anche oltre l’ostacolo degli infortuni ma non è bastato. In te c’è più l’orgoglio per un’annata che resta lo stesso esaltante o la delusione per essere stati subito eliminati da testa di serie numero uno dei playoff?

“Sicuramente la seconda. Sono conscio e consapevole della straordinarietà della stagione, però non basta mai: in qualsiasi cosa si faccia credo che si possa sempre fare meglio e allora volevo fare meglio. Non ci siamo riusciti, oggettivamente siamo andati oltre i nostri limiti però rimane l'amaro in bocca”.

Nell’immediato dopo partita di gara4 eri sparito dal palazzetto: volevi stare solo coi tuoi pensieri?

“Sono momenti dove è più facile fare danni che dire qualcosa di intelligente e quindi mi sono fatto una passeggiata al vicino e attiguo camposanto (in effetti confinante col palasport di Scafati, ndc): c'era tanta calma”.

Cos’ha avuto Scafati in più rispetto a voi?

“Atletismo e lucidità. Però è venuta a mancare l'equità competitiva: senza un americano non c'è equità competitiva in una serie dove giochi ogni 48 ore. E’ lì il segreto di Pulcinella di questa serie, senza nulla togliere ai meriti dell'avversario”.



Quanto è lontano, adesso, il ricordo della partitissima del 26 aprile a Varese?

“Ho ricordi nitidi e freschi di tutte le nostre partite, non è un ricordo che voglio dimenticare. Mi sarebbe piaciuto avere anche lì equità competitiva, ma non si può tornare indietro e rigiocare”.

Il riferimento dell’equità competitiva è all’assenza di Robinson: se non si fosse fatto male, di cosa staremmo parlando ora?

Saremmo al bar sport davanti ad un bianchino... Non lo sappiamo, so solo quello che ho perso: 17 punti, 5 rimbalzi e 3 recuperi a partita e un indotto difensivo molto importante. Insomma, tante cose”.



Il sostituto, Stelmahers, s’è rivelato un acquisto sbagliato.

“Di cui mi assumo tutte le responsabilità. In 48 ore non sono riuscito a prendere niente di meglio”.

Ma era la tua scelta numero uno?

“Sì. Una volta appurato che con la questione del visto non c'erano i tempi tecnici per prendere un americano, ho cercato il giocatore più intelligente, esperto e duttile tatticamente, Ma la Legadue è un campionato difficilissimo e anche un giocatore dal pedigree così importante può fare fatica se non è in condizioni fisiche ottimali”.



La vittoria della Coppa Italia, il secondo posto in classifica, la prima storica vittoria ai playoff del Basket Veroli, il miglior basket offerto nel torneo: qual è stato il vostro segreto?

“L’aver capito che per avere una stagione vincente, avendo meno talento puro di molte altre squadre, dovevamo subito lavorare di più e meglio degli altri. Al limitato talento abbiamo dovuto sopperire con una grande organizzazione”.

Veniamo ai giudizi sui singoli giocatori. Quello che più ti ha soddisfatto?

“Tanti. Dopo l’eliminazione, nello spogliatoio di Scafati ho ringraziato uno per uno tutti i miei giocatori, è stato un ringraziamento sincero perché è stata un'avventura durata 9 mesi in cui abbiamo condiviso tante gioie e qualche dolore. Ma se devo fare delle menzioni speciali come nella notte degli Oscar, la prima è per Michele Mian: uno che ha vinto così tanto e giocato su palcoscenici importanti, vederlo avere a 36 anni queste motivazioni e questo rendimento è un esempio per tutti. La seconda è per Ivan Gatto: giocatore soggetto ad alti e bassi, quest'anno ha raggiunto una maturità caratteriale e tecnica che lo può rendere un giocatore franchigia, su cui una squadra può poggiare i propri destini. La terza è per Pietro Bianchi: ha fatto un lavoro di taglia e cuci all'interno dello spogliatoio davvero impagabile, ha tenuto le redini del gruppo con grande generosità e altruismo. Ultimo ma non ultimo Kyle Hines: uno di 22 anni che finisce i playoff con una gara di uno spessore ancora una volta pazzesco è veramente speciale, come è stato il suo modo di integrarsi nella comunità verolana, cosa che per uno che viene dal New Jersey non è facile”

A proposito di Hines: possibilità di tenerlo anche per l’anno prossimo?

“Ci sono ma sono poche”.

Ma farete di tutto per tenerlo?

“Non credo sia giusto fare troppo, c'è un limite a tutto sennò poi il tuo diventa un mercato drogato. E’ un ragazzo sul cui sviluppo individuale abbiamo lavorato tanto e abbiamo un progetto su di lui, però il mercato americano è un mare immenso e offre tante alternative”.

Il giocatore che invece ti ha più deluso?

“Qualche delusione c'è stata sicuramente, ma non è elegante fare dei nomi. Comunque il rendimento di qualche giocatore in particolare è sotto gli occhi di tutti”.

Sei stato premiato come “Miglior allenatore dell’anno”. Un riscatto veloce e gratificante dopo l’esonero di Caserta?

“Non bisogna mischiare quello è che successo l'anno scorso con quest'anno, ogni stagione ha una storia diversa dall'altra. Ho cercato di fare il mio lavoro con grandissima professionalità e passione, abbiamo fatto tutti un buon lavoro, i riconoscimenti personali fanno piacere ma sono una conseguenza del lavoro di tutti. Quindi anche dei miei assistenti Bisin, Perego e Kenny: hanno affrontato un'avventura che poteva spaventarli, perché il professionismo è un'altra cosa rispetto al dilettantismo, ma sono stati eccezionali. Uno dei nostri segreti è stato anche nella loro dedizione e nella loro cura dei particolari”.

Andrea Trinchieri e Antonello Riva?

“Caratterialmente siamo agli opposti e questo è stata la nostra fortuna. Abbiamo integrato il nostro lavoro con molte parole, molte idee, abbiamo condiviso le scelte, la dialettica è fondamentale. Lo scopo di ciascuna persona è di evolversi e io e Antonello ci siamo evoluti”.



Andrea Trinchieri e Leonardo Zeppieri?

“Il presidente e la sua famiglia sono stati il vero segreto della stagione. La sua dose di passione smisurata, quasi patologica, con delle sofferenze per le partite direi a livello fisico, poteva portarlo ad “esondare” perché la stagione non era iniziata bene, invece personalmente ho sempre sentito una grande fiducia e una grande tranquillità. La mia delusione per la serie con Scafati è anche figlia del fatto che avrei voluto regalargli almeno una semifinale, perché tanto sapevo che non eravamo da corsa nella situazione in cui eravamo. Il rimpianto viene però mitigato dalla vittoria della Coppa: spero che l'anno prossimo mettano al soffitto del palazzetto lo stendardo, visto che altre società ce l'hanno (come Scafati, ndc) sarebbe bello l'avessimo pure noi”.

Andrea Trinchieri e l’ambiente di Veroli: un milanese doc nel cuore della Ciociaria.

“Mi ricordo che quando ebbi in estate il primo contatto con un tal Paolo De Persis, con grande “acume” mi disse che ero un tipo che faceva fatica a integrarsi sotto al Po…”

Quella mia era una semplice domanda…

“E me lo dici dopo nove mesi? No, era una "istigazione a delinquere" la tua. Invece grazie a tante persone mi sono trovato come in famiglia, è stata una cosa ancora più straordinaria dei risultati perché mi hanno fatto sentire a casa: una sensazione impagabile”.

La tifoseria è stato un altro grande successo della stagione.

“Come sempre figlio dei risultati, che hanno creato cassa di risonanza. Ma quello che voglio sottolineare è che tutti i giocatori si sono integrati a livello sociale molto bene, non ho mai avuto problemi su come si comportavano in un “minimondo” come Veroli. Eravamo tutti lì sul colle, con una vista splendida tra gli ulivi: i ragazzi sono stati bravi perché hanno avuto un feeling con tutti”.



Andrea Trinchieri e il contratto. Con Veroli hai un biennale…

“No, è un “1+1”, che prevede la possibilità di uscire dopo il primo anno”.

Però puoi già assicurare che rimarrai a Veroli o deve verificarsi qualche condizione particolare?

“Ma chi sono io per mettere condizioni? Alla famiglia Zeppieri poi, proprio no. La mia sarà una decisione difficile. A Veroli sono stato veramente bene, però penso che adesso siamo ad un turning point, un punto di svolta: dobbiamo decidere cosa vogliamo fare da grandi. L'unica cosa che chiedo è capire il progetto, sono una persona molto ambiziosa, voglio sempre di più: forse questo di più me lo può dare Veroli, forse no. Bisogna sedersi ad un tavolo con pazienza e mettere giù un progetto con carta e penna”.

Hai già ricevuto offerte da qualche altra squadra?

“E' inelegante parlarne, ho troppo rispetto per la mia società per dire se ho avuto o non ho avuto. Sono cose che possono inquinare un rapporto con la dirigenza che è splendido”.



Ma cosa manca ancora a questa società per crescere?

“Il nodo fondamentale, ripeto, è l'acquisizione di un progetto. Molte persone erroneamente pensano che il progetto sia: “Allora, io nel 2011 vincerò". Non è cosi, con un progetto si stabilisce da dove si parte, dove si vuole arrivare e come, non quando. Il progetto parte dal palazzetto, dalla società, dagli obiettivi, dalla struttura organizzativa, dal settore giovanile e poi dalle scelte dei giocatori, che sono l'ultima cosa. Fare un progetto non è comprare i giocatori, sono una tessera importante ma sempre una tessera, prima costruiamo il progetto poi pensiamo ai giocatori”.

In squadra ci sono quattro giocatori con il contratto già sicuro per il prossimo anno: Robinson, Gatto, Rezzano e Plumari. Più altri due come Marco Rossi e Pietro Bianchi che sono ormai verolani d’adozione e si potrebbe pensare ad una loro ipotetica riconferma. Si ripartirà da questi qui?

“I contratti pluriennali che hai nominato sono esatti e sono una base, poi bisogna prima di tutto sistemare il parco italiani. Tutto dipende dagli obiettivi: se vogliamo fare una stagione come questa cercando di fare bene e divertirci, questi che già ci sono vanno pure bene, se invece vogliamo crescere bisogna fare scelte diverse”.

Dopo un campionato così, nel prossimo sarà…

“…più facile fare male. Siamo ancora tutti con i fumi delle grandi vittorie, della Coppa Italia, di andare a Varese a giocarci la serie A: tutto questo potrebbe essere fuorviante a livello delle prossime decisioni”.

E’ salita Varese ma in Legadue è appena scesa un’altra grande come la Fortitudo Bologna, sempre che non sparisca in estate per problemi finanziari. Che Legadue sarà quella del 2009-2010?

“So già che la prima giornata sarà Fortitudo-Veroli al PalaDozza: quindi abbiamo finito a Varese e riprendiamo a Bologna... Fortitudo, Reggio Emilia, Udine, Venezia, Brindisi e ancora altre: sulla carta mi sembra ancora più complicato del campionato di quest’anno”.

Un tuo ultimo pensiero, a ruota libera.

“E’ doveroso qualche ringraziamento. Ringrazio umanamente e professionalmente la famiglia Zeppieri, nella persona di Leonardo ma non solo, per la grande serenità che ci ha trasmesso e non ultimo per la grande puntualità nell'onorare i propri impegni che è merce rara. Poi a tutte quelle persone – fare i nomi è antipatico, loro lo sanno chi sono – che mi hanno fatto sentire come uno della famiglia: non li dimenticherò. Al mio staff che mi ha sopportato e supportato, anche questa merce rara. Agli ormai tantissimi e affezionati nostri tifosi e tifose che anche a Scafati ci hanno aspettato fuori dal palazzetto per ringraziarci: avrei desiderato regalargli una gara5 a casa, non ci è andata bene”.

Complimenti, Andrea.

"Grazie".

Paolo De Persis