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Sempre a bocce ferme: sto analizzando le squadre eliminate dai playoff NBA 2009. Oggi, i San Antonio Spurs. La settimana scorsa, ho parlato di loro in termini di poter vincere contro Dallas. OK, finita quella serie, è ora di parlare di come loro possono risorgere nel 2009-10. Non dimentichiamo, è un club (GM R.
C. Buford e coach Gregg Popovich) che ha vinto quattro titoli NBA senza avere mai ascoltato un mio consiglio (come potevano?). Per di più prima degli infortuni di quest'anno, erano pronosticati da Sports Illustrated per vincere il titolo NBA quest'anno. Non è stato così.
Io terrei, come sono al 100% sicuro che faranno loro, il "Big Three" di Tim Duncan, Tony Parker e Manu Ginobili. Terrei anche il giovane che hanno scoperto, George Hill, 22 anni. E' solo 1,88 cm ma ha del grande potenziale futuro. Il resto della rosa? Lascerei liberi tutti! Parlano di continuare con la loro politica dell''usato sicuro' e chi può dire che hanno torto, visto le riscoperte che hanno fatto, tipo Michael Finley? Ma questa squadra è vecchia e ha bisogno di gambe e polmoni. Penso che lo sappiano. Hanno anche bisogno di non far giocare Duncan più di 30 minuti in una partita. Sta perdendo colpi.
Rimango a Duncan un secondo. Le statistiche non sono tutto ma indicano un continuo calo di produzione in questi ultimi anni. La mia idea: troppi minuti, pochi riposi. In una stagione di 82 gare più playoff, un giocare consumato di 33 anni compiuti non può più giocare 36 minuti o più in una partita. Hanno bisogno di alternative: (a) cambio valido per lui; (b) giocare, quando non è in campo, con un quintetto piccolo e veloce, alla Phoenix Suns di Mike D'Antoni. Centellinare i suoi minuti deve essere il primo ordine del giorno. Altrimenti, usciranno al primo turno anche l'anno prossimo.
Dan Peterson
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Intervista tratta da Radio Radio Basket.
Lui oggi è a Kazan per la semifinale del campionato russo. Sarà una formalità? Lo vedremo presto. Però prima di partire per questa trasferta "vicina" alla sua Mosca, ci ha concesso questa intervista che vi proponiamo integralmente.
Ettore Messina, nonostante bruci ancora la sconfitta contro il "Pana", rimane volentieri con noi anche se a tarda notte... Un "grande"! Il finale... resta amaro, nonostante il recupero dal -23 della fine del secondo quarto.
"E' ovvio che quando ti trovi a rincorrere un divario così pesante diventa improvvisamente tutto più difficile. Però la mia squadra ha reagito, con estrema lucidità e grande capacità. Sì, si poteva anche vincere - è il logico pensiero di Messina - si poteva precipitare ma abbiamo capito che la partita era ancora in ballo... Abbiamo rimesso tutto in gioco, abbiamo chiuso con un tiro da tre punti che ci stava, studiato, è andata così... bravi loro a vincere questa bellissima Finale".
Avresti creduto che sul -23 i tuoi uomini potevano reagire in quel modo?
"No e non faccio alcuna fatica ad ammetterlo... Per come si era messa la partita, con i nostri lunghi con falli pesanti e con tante nostre seconde linee in campo la vedevo davvero dura, quasi impossibile. Avevamo perso parte della nostra fiducia e con i nostri avversari bravi a centrare il canestro con continuità. La paura era, in quel momento di tensione, lo sfaldamento totale perché erano nel frattempo saltate molte delle nostre strategie iniziali. Lo dico veramente... nessuno di noi pensava di recuperare quella partita... Poi siamo arrivati a -5, poi ancora siamo andati a -10, poi ancora a -5... Ed è logico che a quel punto ci credi davvero e torni in campo deciso e concentrato".
L'ultimo tiro, quello affidato a Siskauskas, era stato stabilito nell'ultimo time out o è arrivato dal campo?
"Volevamo mettere la palla in mano a Siska in modo pulito e ci siamo riusciti quasi al meglio. Lui aveva appena segnato due canestri pesanti ed era quindi logico giocare in quel modo. E lui sapeva benissimo questo, lo voleva fortemente quel tiro... Del resto era stato grandioso contro il Barcellona in semifinale ed anche contro il Pana, nonostante due tempi iniziali non buoni, è stato formidabile nel recupero. E' uscito quel tiro, nemmeno troppo impreciso, è andata così...".
Alla fine il solito abbraccio con il collega Zelimir Obradovic, solite parole o qualche cosa di diverso. Anche lui avrà sofferto alla fine. Cosa vi siete detti...
"Lui era seccato con qualche fischiata finale che però non riguardava noi. Mi ha chiarito la sua posizione, forse ce l'aveva con la terna arbitrale... Poi ci siamo fatti i soliti saluti, i complimenti, come sempre...".
Cosa ruberesti al coach che ha da pochi giorni vinto la Finale di Eurolega?
"Alla fine la sua grande capacità di leggere le partite, la grande capacità di tenere unita la squadra anche nei momenti di grande difficoltà. Cosa ruberei a lui con una battuta...? Sicuramente Pekovic".
Hai impostato la finale con una buona dose di protezione della tua area... Poi sei stato costretto ad abbassare il quintetto. Un bel dramma.
"Ci sono stati effettivamente dei problemi perché sia ad Erazem Lorbek che a Smodis sono stati fischiati quasi subito due falli a testa. Quattro falli che ci hanno complicato maledettamente la partita. Abbiamo infatti fatto fatica nelle loro penetrazioni e nei loro scarichi per gli esterni, abbiamo subito troppo. Nel terzo quarto la mia squadra ha difeso meglio ma abbiamo anche sbagliato ben 10 tiri liberi pur ricordando che alla fine la valutazione del CSKA è stata di 72 mentre quella dei nostri avversar! 62...".
Cosa hai detto ai tuoi giocatori nello spogliatoio, sotto di venti e più punti, sinceramente...
"Ho detto loro che a quel punto avevamo solo due possibilità: o finire il più presto possibile per tornarcene a casa oppure che ci dovevamo mettere la faccia, quello che avevamo dentro per rispetto a noi stessi e soprattutto alla tradizione della nostra gloriosa società. E mi ha fatto enorme piacere vedere poi quella reazione. Abbiamo lasciato tutti, credo, qualche cosa per il futuro, su cui lavorare davvero serenamente".
Conosci il basket come nessuno e quindi ecco la nostra curiosità in merito alla intensità di ieri e di oggi: il basket è sicuramente cambiato, diventando da fisico a basket atletico, forse anche assolutamente esplosivo. D'accordo?
"Sicuramente sì... C'è una potenza in movimento, in Europa c'è un atletismo incredibile, gente potente ed esplosiva, giochi che si effettuano ben sopra l'altezza del ferro del canestro, cose straordinarie. Una pallacanestro anche legata al talento, ci mancherebbe... ma soprattutto molto vicina ad una fisicità estrema. E parlo di una Final Four dove gente come Childress e Pargo sono rimasti a lungo seduti in panchina ad osservare i loro compagni di squadra. E loro avevano fino a pochi mesi fa molto spazio nella ormai vicina NBA...".
A Roma molti rimpiangono ancora Erazem Lorbek, partito dalla Capitale forse troppo presto... Che stagione è stata la sua, coach...
"E' un giocatore che è entrato nel secondo quintetto di Eurolega, consistente nelle sue cifre, un ragazzo che deve e può maturare ancora e che presto dovrà compiere un ulteriore salto di qualità".
Kaun, giocatore del tutto nuovo per noi che però hai utilizzato per lungo tempo nella finale. Da dove è uscito fuori?
"Un ragazzo siberiano molto interessante che si è formato ed ha studiato a Kansas, giocando anche una Final Four... Un atleta su cui crediamo molto, uno che ha saputo bruciare le tappe e che si è fatto trovare pronto nella necessità. E' stato spazio vero per lui nella Finale contro il Pana".
Ma sai perché in Italia non arriva più il segnale della televisione russa? Sarebbe stato bello seguire i vostri play off...
"Mah - sorride Ettore - probabilmente il KGB ha oscurato tutto...".
Cosa hanno soprattutto dimostrato queste grandi quattro squadre della Finale di Berlino.
"La capacità, da parte di un grande numero di giocatori, di giocare, e bene, sotto pressione. E una finale di Eurolega, a questi livelli, è un qualche cosa di imparagonabile anche di fronte ad un play off. Qui ti giochi tutto in una partita, una tensione incredibile. Ho visto atleti che sono riusciti ad assemblare una tensione enorme ad una capacità di stare calmi, compiendo nel frattempo gesti tecnici di grande qualità. Sono questi giocatori di primissima categoria, atleti di grandissimo livello. Noi? Certo, incazzati come iene per aver perso, alla fine della stagione scorsa, giocatori come Andersen e Papaloukas, per aver perso la finale ma soddisfatti, ampiamente soddisfatti per come è andata. Abbiamo perso, è vero, ma non ci butteremo giù dalla finestra".
In questo gruppetto di "grandi firme" ci poteva stare anche Siena?
"Assolutamente sì - è il pensiero di Messina - perché ha dimostrato moltissimo nella Stagione Regolare e nel turno delle Top 16. E' arrivata alla fine senza Lavrinovic e ha sofferto per come era logico aspettarsi. E dopo la partita di Atene era grande l'aspettativa su di sé, l'attenzione su una squadra che poteva fare il grande colpo... Probabilmente qualche giocatore non è stato, a quel punto, quello di sempre e il Pana ne ha approfittato. Ma Siena era attesa a Berlino...".
Hai parlato dei giocatori di un tempo, quelli che oggi non ci sono, e allora domandiamo... Quelli che sono arrivati in questa stagione hanno fatto dimenticare i partenti?
"Sarebbe una bugia direche quelli arrivati abbiano ripreso la strada lasciata libera dai partenti... Non era facile sostituire due giocatori di quel calibro ma per il futuro aspettiamo qualche cosa di più...".
Dopo il play off russo un meritato riposo, poi?
"Torno a casa immediatamente, questo è poco ma sicuro... ma cosa farò ancora non lo so. Forse un immeritato lungo riposo, chissà mai... (ma il naso di Ettore comincia ad allungarsi... n.d.r.)".
Qui in Italia molti dicono che è un peccato dover rinunciare ad ammirare il tuo lavoro quotidiano..."Voi siete a Roma e come dicevano i latini... penso che calzi perfettamente".(E torna a divertirsi Ettore dopo la sua battuta, molto gustosa...).
Per lui avanzano molte richieste: si parlava di Gherardini e di Toronto, si è detto ultimamente dei Sacramento Kings, ma non è detto che non rimanga nel vecchio Continente perché a Mosca avrebbe ancora un anno di contratto. In Italia? Dura, durissima... Lo avete letto, sembra che abbia un po' di "orticaria" a quel pensiero, a meno che non lo si inviti per il "dopo" Recalcati che sembra, quest'ultimo comunque in odore di rinnovo. Tante chiacchiere ad oggi, tanti pensieri, tante caselle vuote che andrebbero riempite. Ma lui, beato Ettore, non ha certo i problemi di molti. Basta solo attendere il meglio, come sempre. Lui non è stato assolutamente offuscato dal grande Zelimir, anzi...
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UNDER 19
B. RIMINI CRABS CMV - STELLA MARIS PESARO 75 - 61 (19-12; 39-36; 61-49)
Crabs: Calarese, Curcio 13, Accardo 5, Petruzzellis, Gasparin 7, Moreno 14, Maioli, Bosio, Hassan 9, Damiani 20, Calegari 4, Sangiorgi. All.: Gandolfi, Galli, Ambrassa.
Adesso è più che matematico! Gli Under 19 del Basket Rimini, quest'anno targati CMV, approdano nuovamente alle Finali Nazionali di categoria, la manifestazione più importante di tutta l'attività giovanile che si terrà la prima settimana di giugno a Salsomaggiore e Fidenza.
Pesaro sempre ad inseguire Rimini fino all'aggancio all'inizio terzo quarto. Ma è proprio in quel momento che i Crabs hanno una reazione e allungano fino al +15.
Bravi i ragazzi a cercare Damiani e bravo il lungo romagnolo a chiudere con una "doppia-doppia" (20 punti e 11 rimbalzi). Bene anche "l'energia" di Curcio, Gasparin (ben 11 rimbalzi) e Calegari.
Coach Gandolfi ha guidato così per il secondo anno consecutivo la squadra Under 19 del Basket Rimini alle Finali Nazionali dopo il difficile girone "Interregionale", formula che ha sostituito negli ultimi due anni il classico raduno "Interzona" di tre giorni e con solo 4 squadre. Girone Interregionale che anche quest'anno si presentava molto equilibrato e di alto livello. Il cammino dei granchietti è stato molto costante, sopratutto tra le mura di casa. Ed ora, all'ultima giornata, si va a Siena a giocarsi il primo posto del girone.
Tutto lo staff del Basket Rimini va encomiato, da chi era in "prima linea", gli assistenti Ambrassa e Galli Renzo, al preparatore Marani fino a chi ha lavorato "dietro le quinte", dall'accompagnatrice Bastida ai vari allenatori che hanno lavorato in palestra con i ragazzi negli allenamenti individuali e di supergruppo.
Ma naturalmente il complimento più grande va ai ragazzi, veramente encomiabili per l'impegno profuso ma soprattutto per l'alto livello di gioco a cui sono arrivati.
Ed ora... "se l'appetito vien mangiando...."
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Il Gallo e lui erano considerati i gemelli del canestro, quando mostravano tutto il loro talento a Casalpusterlengo.
Il Gallo, inutile dirlo, è Danilo Gallinari. Lui è Pietro Aradori, approdato a Milano per giocare con l'amico e mettersi alla prova in Eurolega nel 2008. Risultato?
Spazio quasi azzerato e a metà stagione il trasferimento a Roma: "Per imparare al cospetto di un grande allenatore come Repesa. Non rimpiango nulla.
Scelsi Milano per mettermi alla prova. E poi a Roma sono davvero cresciuto, nell'atteggiamento, l'approccio all'allenamento e infine anche nello stare in campo". Fatto è che in estate ci ha ripensato e ha puntato sulla scuola di Biella, che gii ha proposto un biennale. E stasera si ritrova ad afirontare proprio la sua prima scelta dopo l'ottimo esordio in LegAdue a Imola, ovvero l'Olimpia Armani Jeans. "Sapevo che questo sarebbe stato l'ambiente ideale per maturare, non solo per la squadra e lo staff ma per la società in sé. Non mi sono sbagliato, anche se all'inizio è stata dura". E lo dimostrano pure i numeri: pochi minuti e pochi punti nella prima metà stagione. Poi qualcosa è cambiato. "E' vero, ho avuto più spazio, ma è dovuto alla mia crescita di rendimento". Già, 8,3 punti di media con un picco di 23, in 16 minuti. E pure tré rimbalzi a partita, quando per metà campionato erano stati 14 in tutto. Soprattutto, un diverso approccio difensivo. "Nelle giovanili consideravo la difesa un passo indietro rispetto all'attacco". Forse perché gli veniva più facile segnare: "Ma già l'anno scorso ho capito che per restare in campo, a qualsiasi livello in Serie A, bisogna difendere al massimo. E la difesa è questione di volontà, approcio e concentrazione. E' uno sforzo mentale". Così Aradori, guardia di 1,95 e neppure 21 anni (li compie in dicembre) si è conquistato spazio e ora sostiene: "Magari qualcuno sbagliava prima, nelle mie precedenti esperienze, magari anche all'inizio a Biella mi aspettavo di avere più spazio. Ma tutto è cambiato quando ho smesso di pensarci. E non ho mai mollato". In questo modo si cresce, anche da parte di un ragazzo che ha lasciato casa a 14 armi, "e per questo sono cresciuto un po' più in fretta degli altri ragazzi. Certo, può sembrare strano perché in fondo il mio lavoro è un gioco. Ma soltanto in apparenza, perché è necessario prenderlo molto seriamente".
Contro Milano. «Una partita sentitissima in atta. Lo avvertiamo. E sarà durissima, perché l'Olimpia dopo il ko a Roma sarà più che carica. Noi però vogliamo agganciare i playoff possibilmente dal 7° posto. Per evitare Siena contro cui è un'impresa vincere una partita sola, figuriamoci tré. La sfida con l'AJ e quella di domenica a Pesaro sono fondamentali». Nel frattempo Pietro continua a sentirsi col Gallo, l'amicizia è ben salda. "Così forte che stiamo progettando - pur tra i reciproci mille impegni - di farci una settimana di vacanza assieme. Una settimana basta,per ricaricarsi. Del resto lui dovrà lavorare sul recupero e io ce la metterà tutta in Nazionale, se mi convocheranno. Ci sono i Giochi del Mediterraneo, prima. Anche se bisogna vedere se raggiungeremo i playoff e quanto andremo avanti. E poi ci proverò anche per le qualificazioni europee. Poi mi concentrerò ancora su Biella, voglio rispettare il contratto. Non bisogna cambiare sempre squadra. Eppoi questo è il posto giusto. Con meno americani - da regolamento -ci sarà più spazio per noi". Già, Pietrone è davvero maturato.
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BOSTON CELTICS – ORLANDO MAGIC 112:94
Passaggio ricevuto da Eddie House, nemmeno mezzo secondo per pensarci e dentro con la motocicletta fino al canestro per schiacciare tra le braccia protese di Howard, che sarebbe pur sempre il miglio difensore e stoppatore della Lega, e Rashard Lewis, non certo uno dei sette nani di biancaneve.
CELTICS: House 31 punti, Rondo 11 rimbalzi, Rondo 11 assist
MAGIC: Lewis, Pietrus 17 punti, Howard 10 rimbalzi, Johnson 7 assist
Serie sull’1-1
Resterà questa la polaroid più importante, la polaroid più significativa di questa gara2. Era una specie di segreto di pulcinella che dall’andamento della serie del piccolo grande uomo di Boston dipendeva gran parte delle sorti dei Celtics, specie dal punto d vista dell’energia. Non a caso il TdBankNorth Garden è come se rispondesse, quasi come telecomandato, agli stimoli che Rondo da con le sue accelerate, le sue giocate quelle che per intenderci fanno sobbalzare tutti dal sediolino del palazzetto creando quell’atmosfera che tutti sperano di non incontrare mai. Sonnecchiante e a tratti irriconoscibile, tranne che nella rimonta finale, il suo primo episodio, il secondo invece si chiude come la sua ultima gara sette con una tripla doppia: 15 punti, 18 assist e 11 rimbalzi. Gli amanti degli spot pubblicitari sicuramente a questo punto ricorderanno quello che faceva: “Cosa vuoi di più dalla vita?” I tifosi dei Celtics sicuramente avrebbero risposto una partita stellare di qualche altro biancoverde. Pierce? Scontato. Ed ecco arrivare il giorno di Eddie House, che quanto a senso del dramma e senso d’eroismo non è secondo a nessuno: squadra sotto nella serie e momento difficile? L’ex Nets sfodera una prestazione cinque stelle lusso chiusa a quota 31 (11/14 dal campo e 4/4 da tre) che manda letteralmente ko i Magic (5/13 di Howard, 6/15 di Lewis, 3/11 di Alston, e 64% ai liberi). Già poi ci sarebbe anche Allen (22 e 7/15 dal campo), ma in una giornata come questa, gli onori sono di chi la partita l’ha messa a ferro e fuoco.
La cronaca. Energia. Questa la parola chiave, questo il tema dominante di gara2 che inizia subito con le marce alte ingranate per i padroni di casa. Sfuriate da tutte le partite del campo guidate dal ‘generale’ Rondo che insieme ai suoi avrebbe anche giocato sette partite e sette over time nella serie precedente; Orlando resta al centro del ring come Ivan Drago contro Apollo Creed in Rocky IV prima della tragedia (16:6 al 6’). I Magic escono dal torpore solo nel finale di primo quarto grazie specialmente ai tre siluri consecutivi di JJ Redick che dimezzano il solco e portano Orlando sul -5 (26:21). Tre i minuti di resistenza dei biancoblù al ritorno in campo dopo il primo mini riposo (31:24 al 15’) prima che la furia di Rondo, l’inizio dello show personale di House e le triple uscendo dai blocchi di Allen mettessero definitivamente in chiaro le cose: 51:35 al 21’ con l’8 punti di House, il 13 di Allen e il 10 assist di Rondo senza nemmeno una palla persa. Nei minuti finali che portano all’intervallo lungo Orlando cerca almeno di tenersi ad una distanza recuperabile e il tutto finisce con Boston avanti di 15 dopo i primi 24’ (61:46). Nelle prime fasi di secondo tempo gli ospiti provano a mettere più energia sui ventotto metri di campo (52:65) ma è tutto inutile: Davis dalla lunetta dal il segnale dello ‘scatenate l’inferno, House infila 5 punti in fila e Rondo mette in scena la polaroid a cui abbiamo dedicato l’apertura di articolo e per i Magic è partita conclusa dopo 10’ di terzo quarto (77:54). Gli ultimi 14’ minuti servono solo per stabilire il punteggio finale e le cifre personali. Se non fosse per il fatto che in campo per Boston c’era ancora gente come Rondo e House allora si parlerebbe di purissimo garbage time, ma visto come è andato a finire è stato un bel e divertente ultimo quarto (112:94).
Domenico Pezzella